Copertina courtesy  Galleria FRANCESCA ANTONINI ARTE CONTEMPORANEA
MARTA NATURALE, L'ora nera, 2022, tempera all'uovo e olio su tavola, 15x30 cm


The Sleeper (life size), Paolo Bufalini, 2022, stampa a getto d’inchiostro su carta Baritata Canson II, 103,5x130x5cm, courtesy l’artista e OmniArtVerse
Foto: Manuel Montesano
Si intitola Land of Nod il progetto di Paolo Bufalini (Roma 1994) curato da Treti Galaxie come prima produzione all’interno di OmniArtVerse, laboratorio indipendente per le arti digitali. Tradotto in italiano come “mondo dei sogni”, nella sua accezione contemporanea indicherebbe la terra di coloro che si sono addormentati.

Millepiani
Le crepe del presente
Tiziana Villani, Ubaldo Fadini
L'antropologia filosofica del Novecento appare essere emblematica di un approccio che tenta di fare i conti, anche nelle sue diverse articolazioni, con ciò che descrive la realtà storica, politica, sociale, economica del secolo passato (ma anche dei primi decenni del “nuovo”...) nei termini propri della rilevazione di una crisi acuta dell' “individuo storico”, per dirla con Adorno.
Nel tempo mi sono scontrata con l’opera di Audre Lorde e soprattutto con il suo saggio La poesia non è un lusso, contenuto nella raccolta ripubblicata nell’ultimo anno da Meltemi e intitolata Sorella outsider, in cui viene fuori tutta la forza del pensiero della femminista nera che ha straordinariamente anticipato la corrente dell’intersezionalità. 




Lo storico contemporaneista Davide F. Jabes ha pubblicato nell’ottobre scorso, per l’editore Solferino, una biografia di Adolf Hitler, intitolata Il leader. Adolf Hitler: la manipolazione, il consenso, il potere, che coniuga le ragioni spesso divergenti della ricerca scientifica e della divulgazione con chiarezza, rigore e rispetto delle fonti.
Alcuni dei tratti specifici di una politica d’emancipazione effettiva intesa come rottura, esterna o in eccesso, rispetto a determinate politiche istituzionali, richiamano il lavoro di molti studiosi che si muovono in un’ottica pedagogica, tra i quali mi sembra che spicchi Jacques Rancière, e il suo testo Il Maestro Ignorante, che mette originalmente in risalto il nesso essenziale di saperi e poteri proprio per ciò che riguarda il senso complessivo dell’agire formativo.
Gli ultimi tre anni hanno registrato l’aumento, presso l’opinione pubblica italiana, del panico morale nei confronti dei giovani, in particolare dei minori, che le rappresentazioni collettive inquadrano come membri di pericolose baby gangs produttrici di serie minacce all’ordine pubblico. L’enfatizzazione di questo presunto pericolo trova lo sbocco politico nella promozione di misure repressive, intese come unica risposta plausibile alla degenerazione culturale e sociale che affliggerebbe i giovani italiani.

Le metropoli ci restituiscono paesaggi in trasformazione, vissuti freneticamente, con rabbia e intolleranza. Come se si ballasse ai margini di un futuro nebuloso e sempre più incerto. Che ristoranti, bar, negozi siano sempre più affollati non deve stupire, i sensi di colpa che non sono mai serviti a nulla, tantomeno ora possono esercitare un movimento critico che assuma il problema delle crescenti povertà e divari sociali.
Salvare l'arte o la natura?
Stefano Righetti
Volendo sospendere per un momento i risvolti penali del caso, quello che accade in questi giorni alle opere “attaccate” dagli attivisti nei musei pone una domanda sia sull’opera che sul museo e, in un certo senso, anche sul nostro andare per musei. E sul diverso valore della bellezza nell'era della distruzione climatica.
Devono essere passati forse quarant’anni dalla prima: la mia prima volta di Cantando sotto la pioggia, quando passavano i musical in tv e l’unica a vederli ero io, insieme a mia madre, mentre i miei fratelli si ribellavano a un genere che li annoiava. Oggi l’ho rivisto in versione restaurata e mi è sembrato molto meglio di come lo ricordavo

THUMBNAIL, Asterios Polyp© David Mazzucchelli / © per l’edizione italiana Coconino Press – Fandango
In ogni fumetto (almeno, in ogni fumetto ben fatto), testo e immagine procedono in una stretta relazione generatrice di un senso che è maggiore della somma delle parti. Per dirla in altri termini, il fumetto è un linguaggio complesso che si muove in un regime di riverbero semiotico nel quale nessun elemento è ancillare all’altro: parola scritta e disegno sono sì entrambi significanti in sé (e in quanto tali portatori in sé di significato), ma il significato complessivo del testo tutto emerge dal raffronto continuo dei due.

Will Benedict, Degrees of Disgust, 2019. Photo: Reto Schmid. Courtesy of the artist, Centre d’Art Contemporain Genève and Unemployed Magazine
Visitare la mostra di Will Benedict (1978), artista statunitense di base a Parigi, da la sensazione di immergersi completamente nel mondo contemporaneo fatto di una mirabolante serie di immagini statiche e in movimento, dove tutto viaggia a una grande velocità, in un melting pot totale di situazioni, narrazioni, stimoli e sensazioni. Ci si ritrova pienamente in quel regime visivo proprio della nostra era, quella della videosfera, di cui scriveva Régis Debray in Vita e morte dell’immagine.

Cos’è l’abisso? Chi ha assistito alla mise en lecture di En abyme è uscito dalla sala forse con questa domanda. Ciò che ha visto è una scena pressoché spoglia – due tavoli, quattro sedie, quattro microfoni, due attrici e due attori. In quello spazio volutamente minimale, chi era lì ad ascoltare ha però visto accadere qualcosa. Il testo di Djokovic è infatti capace di innescare, attraverso quattro voci che si alternano, nitide visioni di un abisso plurale.
Durante il governo golpista del generale Hugo Banzer Suárez fu creata una commissione di "distinti accademici", a cui fu affidata l'elaborazione di nuovi organi giuridici. La suddetta commissisone rispolverò la bozza che quasi un decennio prima era stata stilata dalla Commissione incaricata di stendere il codice penale, nominata dal presidente Víctor Paz Estenssoro nel 1962 e composta da Manuel Durán Padilla, Hugo Cesar Cadima Maldonado, Raúl Calvimontes Núñez del Prado e Manuel José Justiniano. Così, il generale Banzer Suárez, il 23 agosto 1972, promulgò il codice penale con il decreto legge n. 10426.
Paura
Vincenzo Scalia
Siamo di fronte al processo di produzione delle paure, che Stanley Cohen (1971), definiva come panico morale. Si tratta della percezione e della rappresentazione di specifici individui e gruppi sociali come una minaccia da parte della società affluente, che giustifica così la messa in atto di strumenti di controllo atti a neutralizzare la minaccia, ma che si rivelano a lungo termine penalizzanti per l’esercizio delle libertà fondamentali.

Quello che vorrei brevemente tentare di evidenziare in queste righe è un percorso di scrittura e di realizzazione artistica su più piani che mi sembra stimolato dall'idea intrigante che sia possibile combinare pratiche di allentamento dell' “io” per liberare singolarità differenti e comunque accomunate da aperture, da spinte in direzioni mai ovvie. Mi vengono in mente, a proposito dell'autrice che sto richiamando: Monica Sarsini, le osservazioni di Pier Vittorio Tondelli a proposito del fin troppo celebrato scenario principe dei nostri anni '80, Firenze.
Serie eterogenea più che singolo lavoro, l’opera è stata sviluppata dal 1987 al 2012 come archivio e display fotografico monumentale messo in scena in differenti modalità. La sua versione più famosa ed efficace è proprio quella fotografica, più essenziale e, in chiave mediale, aderente al progetto Visible World per come è stato concepito. Disposte in ordine rigoroso su una quindicina di tavoli retroilluminati, circa 3000 piccole fotografie compongono un percorso longitudinale che richiede allo spettatore – è, in effetti, quanto traspare a una prima visione dal vivo – un certo sforzo, invocando la necessità, più o meno apparente, di una fruizione lenta e riflessiva.
Peter Fischli and David Weiss, Visible World, 1995/6 (detail), 15 light tables with 3000 transparencies. Each transparency: 5 × 7 cm. Overall length of 15 tables: 28m. Copyright Peter Fischli David Weiss, Zurich 2022. Installation View Dream On, Hellenic Parliament + NEON. Photography © Natalia Tsoukala, Courtesy NEON

L'inumano in noi
Marcello Marino
Con la guerra in Ucraina è ricomparsa, nel dibattito pubblico, la categoria concettuale dell’inumano. Dopo una breve assenza nel periodo pandemico, in cui l’umanitarismo sembrava poter contare su un afflato universale che univa gli uomini a tutte le latitudini nella battaglia per la salvezza, l’evento bellico in Europa ha riportato al centro l’orrore della guerra, la sua inammissibilità e la sua inumanità.
Se c’è qualcosa che contraddistingue il lungo percorso della ricerca complessiva di Edgar Morin è la sottolineatura del bisogno quanto mai impellente di una “nuova civilizzazione”. Prendendo in mano i suoi tanti testi degli ultimi due decenni, non si può fare a meno di osservare come essi contengano una fenomenologia, preziosa concettualmente, riguardante i diversi mali della nostra civiltà.
Qualsiasi tentativo d'indagine che voglia investire il presente storico in cui viviamo non può non tenere conto della difficoltà che accompagnano il presentarsi alla coscienza del presente in quanto oggetto storico; ovvero in quanto "oggetto" che sfugge continuamente allo schema della conoscenza, per come esso è stato strutturato nell'immaginario filosofico occidentale. Niente è più estraneo al tentativo di penetrare l'enigma del presente che tentare di effettuare una manovra di "sorvolo", l'instaurazione di una distanza illusoria che ci permetterebbe di afferrare l'esteriorità del presente.

La complessità della realtà che stiamo vivendo, caratterizzata dai problemi e dalle sempre più difficili relazioni che si concretizzano tra ambiente, essere umano e processi educativi, fa da cornice alle convinzioni pedagogiche che indirizzano gli ordinamenti didattici generali.
Claudia Losi, Being There. Oltre il giardino, 2022, installation view © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio
Da anni il lavoro di Losi si focalizza infatti sulla complessità dei processi di antropizzazione del paesaggio naturale e sulle dinamiche della socialità più in generale. La sua ricerca spazia dal disegno alla fotografia, dall’installazione ai progetti partecipativi, riflettendo idealmente l’odierno paradigma della multimedialità, intesa più in generale come il ricorso simultaneo a strumenti differenti per affrontare la complessità del reale.

Sia consentito partire da me. Per ricevere dei consigli sullo sviluppo del mio progetto di tesi di laurea su Walter Benjamin, decisi di contattare – erano gli anni '77 e '78 – uno studioso che aveva indubbiamente dimostrato di avere una straordinaria conoscenza dell'“oggetto”-“soggetto” del mio lavoro: Ferruccio Masini, noto germanista, tra l'altro, e anche filosofo di formazione. Mi recai allora da lui, che abitava fuori Firenze.
Cesare Pavese non ha ancora ricevuto l’attenzione filosofica che, ci pare, potrebbe meritare. Forse, perché la tradizione di studi filosofici prevalente nel nostro paese ragiona, in modo solo parzialmente sensato, in termini improntati alla filologia. Solo Elio Gioanola ha scritto un mirabile volume, completamente dimenticato, sulla Poetica dell’Essere pavesiana, collegando il nostro scrittore all’ultimo Heidegger.
Breve, momentaneo, temporaneo, passeggero, precario, fragile, labile sono aggettivi che le attuali contingenze pandemiche, ecologiche, climatiche, belliche, politiche, economiche, sociali ci hanno abituato a impiegare ormai quasi compulsivamente e indiscriminatamente per parlare dei minimi come dei massimi sistemi. Se stabilire una volta per tutte se è ‘la funzione che crea l’organo’ o è l’‘organo che crea la funzione’ tutto sommato resta ancora una questione di lana caprina, è possibile almeno cogliere/focalizzare la dimensione relazionale inter-implicativa e per così dire agglutinante del ‘fenomeno’.

Scrivo queste riflessioni spinta dalla gioia per le nuove proposte accademiche relative agli studi di genere, dai master e i dottorati dedicati ai numerosi seminari, e in generale per la viva sensibilità per le questioni che mi sembra si stia diffondendo anche in Italia. Questa circostanza abbastanza inedita mi ha fatto riprendere tra le mani un saggio di Christine Delphy del 1981 dal titolo Il patriarcato, il femminismo e i loro intellettuali, caratterizzato da quell’arte del sospetto che distingue il femminismo radicale e capace di porre una problematizzazione dei meccanismi di istituzionalizzazione.


Dario Melossi, analizzando lo sviluppo della democrazia negli USA, afferma: "Nel cuore culturale degli Stati Uniti - anche oggi, secondo me, afferma Melossi, il protestantesimo del New England, al di là qualunque cosa ci dicano i rappresentanti delle mode attuali del postmodernismo e del multiculturalismo, non c'era spazio per l'indulgenza fuorviante, autoritaria e profondamente conservatrice della tradizione cattolica. Giusto o sbagliato, nero o bianco: chi è o è percepito come dalla parte sbagliata della legge sarà punito".

Davvero oggi - nel momento in cui siamo al termine dell’era industriale, del grande arco storico teso fra la rivoluzione francese e la crisi climatica, Chernobyl e Fukushima - il nichilismo, che di quell’era è stato la massima espressione e le cui radici affondano profondamente nella tradizione occidentale, può continuare ad essere la prospettiva dominante e centrale?
I primi incontri di gruppo all’interno dell’IPM di Airola sono avvenuti nella primavera del 2016 per intervenire sulla gestione dell’aggressività, affrontare le dinamiche tipiche del contesto detentivo e quelle nascenti, soprattutto in seguito all’inasprirsi degli scenari sociali relativi alla lotta esterna tra clan, che si stava consumando nel Centro Storico di Napoli e che, nonostante il lavoro costante degli operatori, continuavano ad avere delle ripercussioni sul clima interno creando momenti di conflittualità e di refrattarietà al trattamento dovuto soprattutto dall’avvicendarsi di detenuti affiliati ai diversi clan camorristici, spesso in guerra, che esercitavano un’azione carismatica e talvolta di sopraffazione nei confronti dei detenuti comuni.

Riceviamo e pubblichiamo con piacere l'interessante e puntuale risposta di Francesco Maesano all'articolo di Gianluca Viola pubblicato su Tropico del Cancro il 2 luglio scorso.

Caro Direttore, nel corso del 2021 mi sono occupato del lavoro di formulazione della proposta per il Bonus Psicologo e della sua promozione al Senato, dove è stato adottato come emendamento da tutti i gruppi parlamentari. Il governo, allora, non ha ritenuto di inserirlo nella legge di bilancio. In seguito a quella bocciatura ho lanciato una petizione online per chiederne nuovamente l’approvazione. Una petizione molto fortunata, che ha ricevuto oltre 320mila firme e che ha sospinto l'inserimento del provvedimento nel cosiddetto “milleproroghe”.
À la carte
Flavio Favelli
Sono tanti anni che l’arte è chiamata a fare, interessarsi, possibilmente risolvere, a cose e faccende varie che non le competono. Spodestata dalla street art, oramai pitturificio a buon mercato al servizo degli outlet village e dell’industria culturale più squallida, l’arte è stata piano piano piegata alla volontà della politica e del gusto popolare che, in tempo di populismo reale, decidono ogni cosa. Quando ci sono dei problemi, e solo allora, si chiamano gli artisti, i quali fanno di tutto per rispondere a tono sull’argomento del momento.
Pier Vittorio
Monica Sarsini
Certo non eravamo felici, ma dell’amore ci dispiaceva di più non essere ricambiati che considerarne la mancanza, ci attraeva di più quell’assenza ottusa di un’intesa con un oggetto del desiderio del tutto inconsistente che la pretesa di una pienezza a noi distante. Dico noi perché in Biglietti agli amici è di questo che mi ha scritto, del fatto di confondere la vita con l’amore, il nostro argomento, quello che ci teneva uniti mentre vagabondavamo insieme per quelle strade della città lungo le quali lo accompagnavo a cercare un motivo per ridere e distrarci da tanto essere inutilmente affranti.

Arte, perché? © Eleanor Davis, 2018, per l'edizione italiana © add editore, 2021

Credo che l’assenza di una vera e propria saggistica a fumetti derivi almeno in parte dalla giovinezza del linguaggio, che sta giusto di recente e con una certa timidezza provando ad emanciparsi dalla “forma romanzo” che l’aveva fatto emergere dal pantano di pregiudizio in cui versava. E se da un lato è vero che gli esperimenti con il fumetto di poesia e con il fumetto astratto si fanno via via meno rari, così come una progressiva ibridazione mette in luce possibilità nuove, è anche vero che a lungo l’elemento cardine del fumetto – lo spazio bianco che separa le vignette – è stato inteso in termini puramente sequenziali e sottintendeva nessi causali, temporali o al più spaziali.

La visione stereotipata del collasso climatico è una visione distopica: tende a rendere paradossalmente evidente ciò che il potere economico e buona parte di quello politico avrebbero invece interesse a non far presagire. Il futuro vi assume un vago, per quanto chiaro, sentore di morte. Poiché questo si rende esplicito contro ogni volontà, la macchina spettacolare è costretta a rilanciarne l’immagine nonostante essa rappresenti un atto d’accusa contro tutto ciò che per suo tramite diventa visibile.
Il decreto sull'erogazione del nuovo "bonus psicologo" è stato salutato, da più parti, come un atto di civiltà, doveroso, necessario, per venire incontro alle esigenze di buona parte della popolazione. Esistono, ad oggi, decine e decine di orientamenti e di indirizzi diversi nella cura della salute mentale. Metodi, pratiche e concettualità molto diversificate, ma, bene o male, concordanti su un punto: una generale rimozione del sociale, del politico, del pubblico e un ripiegamento sulla condizione individuale e personale del singolo.

Verso una verità educativa
Valentina Chianura
Lo scenario in cui ci troviamo a vivere diventa ogni giorno sempre più “drammatico” o forse potrebbe sembrare così se non riuscissimo a cogliere anche la più piccola parte positiva delle cose. D’altronde la speranza di riuscire a percorrere senza problemi un cammino così complicato risulta sempre più flebile. Al giorno d’oggi, infatti, tra guerre, crisi economiche, politiche, sociali che avanzano e tante altre questioni, vengono meno l’attenzione per le pratiche educative e la coltivazione del senso di responsabilità.
Fantasticheria
Ugo Cornia
Quella fantasticheria di una città senza più uomini, dove nessuno uscisse mai da una porta di casa e allo stesso modo non si vedesse neanche qualcuno che passeggia in qualche strada, in particolare riferita a Modena, come se la città di Modena fosse stata colpita da qualche grande e inimmaginabile sciagura da film di fantascienza, o da film horror, una qualche pestilenza che avesse reso Modena completamente priva di abitanti, io ancora non l’avevo mai fatta.
Lo Stato è un concetto filosofico, europeo, il controllo sociale è un concetto sociologico, americano. Entrambi si posizionano su crinali opposti di una frattura rappresentata dall’emergere delle società democratiche. (Melossi 1990).  Questa citazione, tratta dal libro di Dario Melossi The State of Social Control, imposta una triangolazione tra questi tre concetti: Stato, controllo sociale, democrazia. Vale la pena di rivisitarla alla luce dell’emergere della crisi del controllo sociale, salita alla ribalta a partire dagli anni 2020.

Sara Enrico, The Jumpsuit Theme, 2022, ph. Marco Cappelletti. Courtesy La Biennale di Venezia
Promenade in Biennale
Enrico Camprini
La mostra principale curata da Cecilia Alemani, Il latte dei sogni, che si sviluppa nelle sedi dei Giardini e dell’Arsenale presenta tutti i crismi di quello che oggi può dirsi evento culturale. Uno statement preciso e assai sintetico che configura un cappello tematico accattivante – benché forse persino datato da un punto di vista storico - critico – e, soprattutto, tremendamente alla moda, condito da scelte che ammiccano a una certa radicalità e, sotto alcuni aspetti, per nulla banali e senz’altro convincenti.
Le analisi della disabilità hanno sempre posto attenzione sui limiti di un quadro interpretativo puramente medico della categoria. Questa prospettiva ne oscura infatti la dimensione politica, socioculturale, economica, che concorre invece a determinare sia una certa rappresentazione dei suoi contorni – strutturando quindi il binomio abilità/disabilità –, sia un certo tipo di esperienza individuale. Viene quindi evidenziata l’urgenza di eccedere i percorsi di cura e “aggiustamento” della persona disabile.

Il trentesimo anniversario della strage di Capaci suscita la necessità di sviluppare una riflessione sulla mafia, che, partendo dalle rappresentazioni della criminalità organizzata, approda dentro i rapporti del potere, fino a mettere in luce come, la cosiddetta “emergenza mafiosa”, arrivi a legittimare quello stato d’eccezione (Schmitt, 1982; Agamben, 2003) di cui si nutrono i rapporti di potere esistenti.
Davanti a ogni pratica di appropriazione di un’immagine ci siamo abituati ad andare in cerca di intenti manipolatori. Peskov lo sa, per questo sembra dire di continuo, cambiando qualche lettera a Shakespeare, “the war is a stage”. L’adesione a tale deriva à la Baudrillard per cui non esiste più la realtà ma solo la sua rappresentazione può apparire inaspettata da parte di un portavoce di Putin, ma è piuttosto coerente con il tentativo di creare un certo tipo di messa in forma linguistica del conflitto (“operazione speciale” e non guerra; “denazificare l’Ucraina”), in modo da sfruttare, anche inconsciamente, i dubbi, le malizie, lo scetticismo e le incertezze che ormai fanno parte del nostro modo di pensare.
Controllare è deviare “affetti” verso le motivazioni immanenti all’economia politica contemporanea. Le coscienze si prefigurano quale meta-mercato a uso e consumo del marketing. Il mal-essere corrisponde, quale ontologia dell’affetto-triste-chiave, a questa economia libidica. Come resistere allora a uno scenario catastrofico così delineato? Può darsi una forma di resistenza?

Il femminismo, in questi anni difficili, ha costituito forse l’ultimo centro propulsore di teorie e pratiche contro-egemoniche, manifestando una considerazione lucida nell’analisi dei nodi critici dell’esistente e non perdendo di vista le dinamiche effettive del dominio. Ma, insieme alla “forza” (che non si riduce mai ad affermazione di potere) del femminismo come pensiero in grado di produrre discorsi non assimilabili a una tradizione appestata di morte, la crisi ci ha messo addirittura di fronte alla cattura di posizioni dichiaratamente femministe nelle miserie della guerra.
È sotto gli occhi di tutti, in questi primi mesi del 2022, la battuta d’arresto che la lotta alla crisi ambientale ha subito a causa della guerra, riemersa tragicamente nel Vecchio Continente con la sua barbarie e la sua malsana fascinazione, con la minaccia, sempre viva dopo il secondo conflitto mondiale, della distruzione totale. In questo quadro, la questione dei rifornimenti di gas, il dibattito sul ritorno al nucleare e alle centrali a carbone, lo sforzo economico degli stati europei per il riarmo sembrano avvisaglie di una dilazione a tempo imprecisato del compimento dei progetti per un cambiamento concreto in direzione di una prassi eco-sostenibile.

Fa una certa impressione come, allo stesso tempo ed in modo apparentemente incoerente, lo stato d’eccezione – o emergenza – sia sulla bocca di molti e a molti altri sia sconosciuto in una misura altrettanto diffusa. Per quanto ciò possa essere illuminante, non è un problema di per sé, né per l’una né per l’altra attitudine e realtà. Anche se probabilmente il fatto che a molti il significato sia sconosciuto potrebbe valere come termometro possibile della consapevolezza del rapporto tra politica, diritto e libertà.
Il tempo, a Palermo, scorre diversamente. Come per attrito. Più dimensioni temporali qui si incrociano, e si sovrappongono. Come nelle sue chiese, che sono meraviglia proprio per questo, per gli stili che stanno insieme, lingue diverse che si mischiano, una babele armoniosa, un punto d'equilibrio miracoloso, che ti pare fragilissimo ed eterno insieme. Ti lasci inondare dalla luce della Cappella Palatina, e taci.

Pochi giorni dopo l’inizio l’invasione russa dell’ Ucraina, sui muri di piccole e grandi città di tutto il mondo sono comparse moltissime immagini sul tema della guerra, come già era accaduto per altri conflitti. Una breve ricerca in rete dimostra facilmente che i murales, gli stencil e i poster più diffusi sull’invasione privilegiano due soggetti contrapposti: Vladimir Putin e i bambini ucraini.