Land of Nod di Paolo Bufalini.
La ricerca del “mondo dei sogni” al vaglio delle arti digitali
Chiara Spaggiari

The Sleeper (life size), Paolo Bufalini, 2022, stampa a getto d’inchiostro su carta Baritata Canson II, 103,5x130x5cm, courtesy l’artista e OmniArtVerse
Foto: Manuel Montesano

19.03.2023

Si intitola Land of Nod il progetto di Paolo Bufalini (Roma 1994) curato da Treti Galaxie come prima produzione all’interno di OmniArtVerse, laboratorio indipendente per le arti digitali. Tradotto in italiano come “mondo dei sogni”, nella sua accezione contemporanea indicherebbe la terra di coloro che si sono addormentati. È però una terminologia antica che si evolve dall’ambito biblico, in cui definiva dapprima il luogo all’est dell’Eden dove era stato esiliato Caino, poi, in modo più generico, il sito del bando per tutti coloro che si sarebbero allontanati da Dio.

Il “mondo dei sogni” si innerva materialmente in un’unica opera, nel ritratto di una donna addormentata, Federica Scaringello, la compagna dell’artista, che appare vivere di due nature mediali. Si sviluppa cioè come una sorta di rimediazione del suo ritratto fotografico mentre dorme in una scrittura informatico-digitale autenticata come NFT.

Paolo Bufalini sceglie innanzitutto di rappresentare in The Sleeper (life-size) la situazione di riposo, lo spazio del sonno dell’amata mentre indossa un dispositivo per la registrazione di dati biometrici (frequenza respiratoria, battito cardiaco, movimenti del corpo), che appare subito come punctum di questa immagine. La fotografia, che si appropria di uno sguardo dall’alto, conduce un punto di vista disincarnato e virtuale, vouyeristico e invadente, quasi satellitare, sebbene prodotta con il banco ottico, in collaborazione con Marcello Galvani. L’opera prende in definitiva due forme: una come stampa a contatto, di piccolo formato; l’altra come stampa digitale a grandezza naturale (life-size), realizzata a partire dalla scansione del negativo analogico. La sua materialità è stata resa evidente nell’allestimento della mostra beloved (2-12 febbraio 2023) a Gelateria Sogni di Ghiaccio in cui è stata presentata per ART CITY a Bologna, curata dal duo Condylura. Qui la fotografia, anche grazie al suo formato, si rivela fondamentale per la definizione di intimità e affetto in relazione alle condizioni del visuale e del visibile, ponendo una riflessione sulla vulnerabilità dell’essere guardati nel momento inaccessibile del sogno.

Land of Nod conduce ulteriormente questa riflessione dal lato del ritratto come NFT, che ne fa una rappresentazione a seguito della raccolta dei dati biometrici, così come documentato dalla fotografia. L’opera materiale è in sintesi una formalizzazione digitale, prodotta e registrata su blockchain tramite non-fungibile-tokens (NFT) e distribuita e reperibile su Nifty Gateway nella pagina di OmniArtVerse (a partire dal 2 febbraio 2023). L’NFT è perciò da intendersi come l’autenticazione che rende un oggetto, in questo caso un’opera d’arte digitale, un codice immesso su un mercato, che quindi inerisce al mondo della finanza. Vendere il “mondo dei sogni” nel ritratto della compagna dormiente come NFT significa interrogare la possibilità e il senso della sua reificazione sotto forma di codice digitale e crittografico, laddove sia fonte di profitto online. Anche per questa ragione l’immagine diventerà nitida esclusivamente per coloro che l’acquisiranno.

Appare chiaro che uno degli intenti di Land of Nod sia riflettere sul regime scopico contemporaneo, come si nota già da The Spleeper, in cui lo sguardo veicolato non è quello di un soggetto umano incarnato ma quello dei dispositivi di controllo che assumono una visione dall’alto. Si configura in questi termini un’astrazione della vista, un vedere puramente virtuale, trascendente le condizioni fisiche della percezione umana. E tuttavia il discorso sul corpo del soggetto rimane inalienabile. Non solo perché The Sleeper è il ritratto di una donna che giace addormentata, ma anche perché il “mondo dei sogni”, Land of Nod, trova la sua collocazione spazio-temporale in quello stesso corpo dormiente. In realtà poi, le immagini satellitari e virtuali, utilizzate anche dalle agenzie governative, sono prodotte da quei dispositivi la cui programmazione e le cui relative condizioni tecnologiche non sono sviluppate per cogliere la dimensione del corpo di un singolo individuo (E. Weizman, Architettura Forense, 2017). La scelta di Paolo Bufalini di appropriarsi di una tale sguardo, pur tuttavia avvicinandosi intimamente alla compagna, ne svela la natura: il soggetto che osserva l’addormentata è quasi più divino e trascendentale che tecnologico e informatico.

Il discorso si approfondisce considerando l’opera come NFT, per cui si mette in luce la natura e il ruolo dello sguardo dell’algoritmo informatico. Solo queste tecnologie possono infatti tradurre i codici, cioè decodificarli, vederli e renderli visibili, anche una volta avvenuto l’acquisto. Ma ancora, la presenza del corpo umano in questi circuiti informatici appare come una rappresentazione in dati, dati biometrici raccolti, tracce matematico-analitiche, che ne producono un’astrazione pura.

Fare queste considerazioni significa soffermarsi necessariamente sulle peculiarità dei media e sulle loro caratteristiche intrinseche, cioè sulle rispettive possibilità materiali di incarnare le forme visive.

Per questo Land of Nod appare inserirsi e integrarsi in modo originale in quelle pratiche che Charlotte Cotton (2020) definisce come fotograficità. Tale specifica, alla luce dell’avvento nelle nuove tecnologie digitali a partire dagli anni 2000, riguarda in primis il medium della fotografia che per molti artisti è divenuto centrale come oggetto di riflessione sulla materialità dell’immagine. In queste pratiche è dunque in gioco il rapporto tra cultura materiale e visuale, nella riflessione riguardo media analogici e nuove tecnologie digitali, in un ambito in cui si sfumano i contorni tra generi artistici. In particolare, nell’opera di Paolo Bufalini, questa dinamica riflessiva prende forma a partire dall’indagine tra immagine e scultura, in coerenza e continuità rispetto alla propria ricerca.

Citare alcune delle sue opere precedenti può essere funzionale a inquadrare meglio i nuclei della sua poetica. Land of Nod è un lavoro che discende da Proposal (2020) in cui l’artista fa simulare l’attività di un respiro regolare ad una coppia di cuscini, in modo lento e silenzioso, sincronizzato tramite schede xbee. La sensazione di straniamento che ne deriva è da intendersi anche nell’ottica dell’appropriazione di questa funzione vitale da parte di due oggetti adibiti al riposo, quasi che i cuscini avessero rubato il respiro, l’anima, all’individuo umano che ivi dormiva; pur tuttavia senza che vi sia traccia sulle federe della sua avvenuta presenza.

Così in Land of Nod si dà in origine una sorta di rimediazione rappresentativa del respiro e del suo significato vitale, di cui i diversi media sembrano appropriarsi. Il respiro se concepito come movimento e spostamento di volumi d’aria può allora essere pensato come dotato di una natura tridimensionale, che si rimedia nell’opera attraverso le diverse materialità, mantenendo un'imprescindibile dimensione scultorea.

La relazione tra immagine e scultura si snoda anche nell’opera The Kingdom (2022). Qui Paolo Bufalini ha inserito in tre teche entomologiche otto fotografie di famiglia scattate all’American Museum of Natural History di New York nel 2001. Senza soffermarsi troppo su questo lavoro, si vuole notare che l’operazione dell’artista riguarda la possibilità di significare la fotografia inserendola in una dimensione scultorea, per cui le teche di vetro funzionano contemporaneamente da fattore straniante (non sono album di famiglia) e da rinforzo per il proprio contenuto rappresentativo (suggerendo l'ambiente delle Wunderkammer).

Questa ricerca personale, di cui l’interesse al corporeo, al materiale e al tridimensionale è un fattore fondamentale, si applica anche al lavoro sull’NFT. Rimane importante cercare di creare delle occasioni in cui gli artisti possano, attraverso le loro cifre stilistiche, sperimentare le possibilità estetiche di queste nuove tecnologie digitali e informatiche. Per questo saranno da seguire le proposte del laboratorio indipendente OmniArtVerse fondato nell’estate del 2022 da Leonardo Fabbri, che si definisce come luogo di sperimentazione proprio sulle arti digitali, specifico sul rapporto tra arte e tecnologia nella forma del dispositivo NFT.

Lev Manovich nel Paradosso della fotografia digitale (2003) discute del rapporto tra media analogici e digitali, prima ancora che si verificassero le innovazioni delle criptovalute e della blockchain. Qui lo studioso ammette che nell’era informatica l’analogico possa vivere una seconda vita: se da un lato il digitale rompe radicalmente con alcuni modelli di visualizzazione, dall’altro, nella comparazione, li rinforza. Lavorare e sperimentare con le nuove tecnologie informatiche e digitali è allora necessario per proporre alcune riflessioni sui media stessi dell’arte, sulla loro materialità e le relative potenzialità intermediali. Il digitale, rispetto all’analogico, oltre al discorso su immagine come indice discreto o continuo, esalta la dimensione di un codice che appare come astrazione pura, potenzialmente eterno ed imperituro, non precario e transitorio come il tradizionale materiale scultoreo. Si pone perciò la questione fondamentale delle possibilità conservative degli NFT: il sistema di server che archiviano questi oggetti digitali in modo diffuso, in quanto preservati come nodi di una rete entro una struttura decentralizzata, ne riduce con quasi totale certezza la perdita. Non vengono di fatto mantenuti in un’unica e specifica area locale soggetta ad accadimenti ambientali.

Quasi che con questa riflessione finale sul luogo di archiviazione degli NFT e sulla possibilità di conservazione potenzialmente eterna e immutabile, si definisse infine un territorio, pervasivo e invisibile, quasi mitico, in grado di richiamare l’origine biblica di Land of Nod. Uno spazio cioè raggiungibile solo da un’astrazione pura e virtuale, in questo caso la tecnologia e il suo linguaggio, che allora assume connotati quasi divini, e quanto meno inaccessibile al soggetto umano incarnato, se non in modalità rappresentative. Così, tanto lo sguardo dall’alto di The Sleeper, che il ritratto dell’NFT, paiono poter dare accesso al corpo in questo territorio. Eppure Land of Nod indica anche lo spazio del sonno e del sogno, per ora impenetrabile per l’intelligenza artificiale, prerogativa di una coscienza umana incarnata che proprio in questo luogo può pensare di conservare la potenza effimera e tuttavia rivoluzionaria della propria creatività onirica.