Scienza, tecnica, capitalismo: una prospettiva ecologica
Officine Filosofiche, Mucchi Editore, Modena 2020
Presentazione
Manlio Iofrida
Questo numero esce dopo il grande terremoto provocato dall'epidemia del Covid 19, che, al momento in cui scrivo questa introduzione, sta ancora esercitando potentemente i suoi effetti e di cui non è ancora prevedibile una fine prossima. Questa circostanza ha certo avuto il suo peso nel far sì che il quinto volume di Officine esca con tanto ritardo; ma il rapporto fra il Covid 19 e il contenuto del numero, e, in generale, il nostro lavoro va ben al di là dei questa assai secondaria contingenza1. Questo grande evento che, possiamo ormai dirlo, costituirà una svolta di importanza probabilmente decisiva nella storia del XXI secolo, ma anche una cesura fra XXI e XX secolo, non coglie impreparate le Officine Filosofiche: larga è infatti la consapevolezza che l'epidemia è fortemente legata a quella questione ecologica su cui abbiamo concentrato la nostra attenzione ormai da molti anni. La vita è oggi come non mai la protagonista del dibattito filosofico e politico, e tutto questo potrebbe essere visto come una conferma dell'attualità della biopolitica, se non fosse che quest'ultimo concetto si è caricato di un significato così lontano dalle problematiche ecologiche, in esso ha prevalso in modo tanto pervasivo l'aspetto culturale e politico (basti pensare, in questo senso, ai recenti interventi di Giorgio Agamben sul Coronavirus) che il suo impiego in un senso corretto e scientificamente proficuo risulta impossibile. La natura (nel senso anche leopardiano del termine, che non è certo da trascurare) ha battuto un colpo e ha ricordato agli uomini la sua irriducibilità, ridicolizzando i miti infantili del suo padroneggiamento integrale e dell'artificialismo assoluto, rilanciati ancora pochi anni fa dall'ala accelerazionista dell'ideologia dell'antropocene; l'orizzonte politico del nostro secolo è ora prepotentemente occupato dalla questione ecologica, quello filosofico da quello della vita; la questione dell'uguaglianza e della classe, che rimane di pari importanza, va ripensata e reinscritta nell'orizzonte che è delineato da quei due concetti; la questione della natura non ha alcun senso se non è connessa a quella della libertà e del rapporto fra il servo e il padrone, ma questi due ultimi problemi devono essere rielaborati sulla base del fatto che la libertà dell'uomo non può sussistere senza una corrispettiva libertà della natura – un concetto paradossale, certo, nei termini di molta filosofia occidentale (ma non di tutta: non, ad esempio, di Schelling.) Sullo sfondo di tutto ciò, quella questione animale che di giorno in giorno accresce il suo rilievo filosofico e politico.
Così poco, dunque, ci ha colti impreparati la vicenda del Covid 19 che il dossier che occupa la gran parte di questo quinto numero, e curato da Andrea Angelini, pur essendo stato pensato molto precedentemente, è dedicato proprio alle problematiche della scienza della vita e per vari aspetti può essere ricollegato alla nostra attualità. L'idea di Angelini – sulla scia dei suoi prediletti Canguilhem e Foucault, ma anche di Merleau-Ponty, che è per lui non meno importante - è stata di rivisitare alcuni nodi del rapporto fra sviluppo delle scienze biologiche, pensiero filosofico e momenti politici della modernità, fino alla più vicina attualità, coinvolgendo non solo filosofi autorevoli, ma anche eccellenti ricercatori sul campo, per delineare alcune tendenze recenti delle scienze della vita che hanno un particolare significato dal punto di vista filosofico e politico. Sul contenuto dei singoli interventi, ma anche sul senso generale del dossier l'introduzione di Angelini è più che esaustiva; qui mi limiterò solo a ricordare alcuni punti essenziali e molto generali.
Nel momento in cui il meccanicismo continua a prevalere come ideologia filosofica, ma anche come sfondo metodologico di molta della ricerca scientifica; nel momento in cui il modello a cui ci si riferisce nell'elaborare una filosofia della natura continua a essere quello della fisica, in cui, nonostante Einstein e Heisenberg e Bohr, un certo meccanicismo sembra tornare ricorrentemente a galla, il riferimento alle scienze della vita riveste una particolare importanza: in esse il meccanicismo è stato sempre a disagio e gli sviluppi recenti in vari campi, come documentato da vari saggi del dossier, si pongono in continuità con le linee fenomenologiche e antimeccanicistiche che, nella prima metà del XX secolo, furono elaborate dalla psicologia della Gestalt e da personaggi come Kurt Goldstein, in cui la taratura filosofica valeva quanto quella scientifica. Come sottolinea giustamente Angelini, la ricerca scientifica non sorge nel vuoto e che di essa facciano parte dei presupposti sociali, ideologici, politici è un fatto largamente noto – e, del resto, anche la vicenda del Covid 19 ha evidenziato l'inseparabilità della scienza da prese di posizione ideologiche e politiche. Questo dato di fatto non deve spingere a configurare una visione biopolitica in cui l'aspetto di costrizione e di irregimentamento sociale che è inseparabile dalla ricerca scientifica ne costituisce l'unico elemento; è un grave errore togliere ogni contenuto veritativo alla ricerca scientifica – ed è anche una visione profondamente antiecologica, in quanto toglie alla natura ogni sua autonomia, ne fa un costrutto interamente sociale. È compito della filosofia – ed è quello che ha fatto egregiamente Andrea Angelini nel mettere a punto questo dossier – saper tenere in equilibrio, per quanto riguarda la scienza, esternalismo e internalismo, sulla scia del modello di Georges Canguilhem, e saper mostrare come le scienze non producano verità assolute: piuttosto, a partire dai loro risultati, si possono delineare quei vari volti della verità (Gargani) che ne fanno un tassello essenziale della costruzione di una democrazia, un momento imprescindibile dell'autoregolazione che gli uomini mettono in atto della loro vita naturale e sociale: nessuno potrà eliminare il momento politico dalla scienza, nessuno potrà negarne il momento veritativo. Non è questo, del resto, il senso più autentico della distinzione foucaultiana fra verità e discorso?
In una seconda parte, il numero raccoglie invece tre interventi su un tema che è fortemente connesso a quello del dossier precedente e che è anch'esso da sempre uno dei fuochi del nostro interesse: la questione della tecnica. In Corpo, ripetizione, seconda natura: appunti su Merleau-Ponty, Bourdieu, Mauss e Marcuse Igor Pelgreffi ritorna sulla questione dell'automatismo, a cui ha dedicato pochi anni fa un'importante monografia2. Dopo aver distinto tre significati del termine “automatismo” (automatismi di carattere biologico; automatismi come habitus e seconda natura; automatismi sovra-individuali - rituali, istituzioni, mode, ecc.), Pelgreffi cerca di disporsi in un campo di “con-fusione” fra questi tre livelli, in modo da superare le tradizionali impostazioni classiche. Su questa linea, vengono presi in esame il concetto di corporeità di Merleau-Ponty, quello di habitus di Mauss e la rielaborazione che ne fa Bourdieu, il rapporto fra base biologica e seconda natura nel Marcuse tardo, concludendo, sulla scorta di quanto evidenziato dall'esame di questi concetti, all'enucleazione di alcuni isomorfismi nelle ambiguità fra i tre livelli dell'automatismo sopra distinti; a partire da queste ambiguità Pelgreffi apre alle possibilità, per una teoria della soggettività, di far leva su questi spazi di libertà e di disautomatizzazione e anche a una configurazione teorica in cui tecnica e ecologia non sarebbero alternative, ma “due facce della medesima realtà ...[che] interagiscono tra loro, in realtà, proprio nell’elemento di mediazione corporeo”.
Il saggio di Alessandro Dondi, dal titolo Le “cose non naturali.” Igiene, medicina e tecnica nel XVIII secolo, affronta la questione della tecnica inserendo per un lato la problematica degli affetti (che è uno dei temi su cui vorremmo negli anni seguenti approfondire le nostre ricerche), per l'altro sviluppando, in funzione dell'indagine teoretica, una ricerca di storia della filosofia e storia della scienza, relativa soprattutto al passaggio fra il XVIII e il XIX secolo. Sulla linea di una serie di studi che si stanno sviluppando anche in Francia3, Dondi ricostruisce alcuni momenti della riflessione e delle pratiche tecnologiche riguardo al rapporto fra ambiente e uomo, con particolare riguardo ai problemi della salute e dell'ambiente. Un particolare rilievo assumono, in questo quadro, le “cose non naturali”: cose che, pur essendo esterne al corpo, sono necessarie alla sua conservazione. È agendo su tali cose che il politico può governare i soggetti per produrre gli effetti politicamente desiderati. In Louis La Caze il tema del non naturale si precisa e approfondisce, in rapporto al concetto di sensibilità e vitalità che l'autore mobilita: ogni essere vivente vive di una tensione e oscillazione fra l'interno e l'esterno, fra cose naturali e cose non naturali; è a questo livello che vengono coinvolte le “affezioni dell'anima”, che sono il criterio per accrescere la vitalità propria dell'organismo, il suo “sentimento dell'esistenza”, distinguendo opportunamente fra cose naturali e cose non naturali. Su questa base si costruisce tutta un'antropologia e una gerarchia di tipi umani basata sulla relazione (positiva o negativa, di vitalità maggiore o minore) fra l'uomo e l'ambiente. In questo modo la questione degli affetti risulta fin da questo albeggiare della problematica ecologica strettamente intrecciata a quella della tecnica e dell'ambiente; il tema della costruzione materiale di una nuova soggettività, in nesso a quello di una tecnica ecologica, oggi così attuale, dimostra di avere una lunga storia – e anche dal punto di vista teoretico sarebbe da riflettere sull'antichità di questo nesso.
Chiude la sezione un saggio di Matteo Bergamaschi, dal titolo Lo specchio (nero) del post-umano. Sul concetto di esperienza nell’orizzonte post-umano a partire dalla serie tv Black Mirror, che affronta le problematiche della tecnica analizzando una celebre serie tv, come Black Mirror, che ha come tema centrale le nuove tecnologie della comunicazione; l'autore fa notare che “la portata del post-umanesimo di Black Mirror risiede nella capacità della serie di mostrare la coappartenenza della declinazione tecnologica dell’epoca (il Gestell, se si vuole) e dell’apparato sociale di consumo e spettacolo.” Le nuove tecnologie si presentano come un destino e come passaggio fondamentale alla nuova epoca del postumano e dunque, attraverso la loro analisi, Bergamaschi elabora una critica di quest'ultima categoria. L'autore mette a punto una serie di tipologie in base a cui gli episodi e le stagioni della serie possono essere classificati (modalità eterotopica, utopico-distopica, utopico-dispotica con particolare riferimento alla produzione di una soggettività integralmente spettacolare). Particolarmente efficace è la delineazione di una soggettività postumana in cui il senso del limite è completamente sparito: il mondo le è completamente e immeditamente disponibile, ma questa disponibilità si rovescia immediatamente (verrebbe da dire dialetticamente, anche se l'autore non usa questo termine) nel suo contrario, cioé in un totale esser a disposizione o esser disposti dal mondo tecnologico; in sostanza, assistiamo a una dissoluzione della soggettività. In proposito, Bergamaschi richiama la lezione di Antonio Caronia sul cyborg: “la cyberizzazione del corpo postumano è un’ibridazione, prima ancora che con le tecnologie, con i dispositivi del capitale deregolamentato: il divenire-cyborg si rivela, più radicalmente, un divenire-macchina post-fordista, un divenire-capitale deregolamentato, un divenire-merce e divenire-spettacolo – questo lo sfondo della neutralizzazione della dinamica esistenziale del soggetto.” Molto interessante è come l'autore inquadri questa sua analisi nell'ambito della problematica dell' esposizione4, affermando quasi in conclusione del suo saggio: “L’esito post-umanista della distopia di Black Mirror non va dunque rintracciato tanto nell’estinzione della coscienza (lo spirito nella macchina?) o della riflessività (una qualitas occulta?), quanto nell’occultamento della dimensione di esposizione che definisce il plesso esperienza-alterità-temporalità, ed è in questo senso che illumina il futuro a cui tende l’odierna deriva del «capitalismo tecno-nichilista»”.
Questa critica al nichilismo del capitalismo tecnologico e antiecologico contemporaneo, questa delineazione del postumano come la triste condizione di “un uomo senza corpo, anzi, più radicalmente di un inquietante «organo senza corpo», ovvero un uomo-strumento”, come si esprime ancora Bergamaschi, mi pare poter rappresentare – fra questione dello statuto della vita, problema della tecnologia, questione degli affetti e della soggettività e suo nesso col capitalismo neoliberista ipertecnologico – un'ottima sintesi conclusiva del complesso dei temi affrontati in questo numero.
manlio.iofrida@unibo.it
INDICE
Manlio Iofrida – Presentazione
SEZIONE I : Prospettive epistemologiche: percorsi tra scienza, politica e filosofia, a cura di Andrea Angelini
Andrea Angelini - Introduzione
Elena Gagliasso - Quando lo spazio diventa ambiente. Implicazioni categoriali della crisi ecologica
Maël Montévil, Giuseppe Longo, Ana Soto, Carlos Sonnenschein - Dal secolo del gene al secolo dell’organismo: Introduzione a delle nuove prospettive teoriche
Marco Coratolo - Un cervello iuxta propria principia: Neuroscienze di rete, modularismo e riutilizzo neurale
Dominique Lestel - Una concezione bi-costruzionista dell'etologia
Alfonso M. Iacono, Intorno al concetto di complessità. Mondi intermedi, Autonomia, Relazione.
Igor Pelgreffi (a cura di), Forme in divenire tra bios, matematica e filosofia. Conversazioni con Alessandro Sarti
Andrea Angelini – La scienza e il suo ambiente. Il confine poroso del discorso scientifico tra epistemologia politica e ontologia dell’attualità
SEZIONE II: Tecnica, capitalismo, ecologia
Igor Pelgreffi - Corpo, ripetizione, seconda natura. Intrecci tra Merleau-Ponty, Bourdieu, Mauss e Marcuse
Alessandro Dondi - Le “cose non naturali.” Igiene, medicina e tecnica nel XVIII secolo
Matteo Bergamaschi - Lo specchio (nero) del post-umano. Sul concetto di esperienza nell’orizzonte post-umano a partire dalla serie tv Black Mirror
1 Voglio ricordare che, a partire dal mese di Aprile, Officine Filosofiche ha tenuto quattro seminari interni sull'emergenza del Coronavirus; le varie relazioni svolte in tali occasioni sono in corso di pubblicazione sul nostro sito.
2 I. Pelgreffi, Filosofia dell’automatismo. Verso un’etica della corporeità, Orthotes, Salerno-Napoli, 2018.
3 Si veda soprattutto i lavori di F. Taylan, Mésopolitique : Connaître, théoriser et gouverner les milieux de vie (1750-1900), Éditions de la Sorbonne, Paris, 2018 e di P. Charbonnier, Abondance et liberté. Une histoire environnementale des idées politiques, La Découverte, Paris, 2020.
4 Un tema che Bergamaschi media da Nancy, ma che costituisce anche lo sfondo del lavoro di Dondi che qui pubblichiamo.