Marxismo ed ecologia
Iacopo Nicola Bergamo

19.03.2022

Il testo seguente è tratto dal volume di Iacopo Nicola Bergamo, Marxismo ed ecologia, edito da Ombrecorte


Capitolo quarto

La World-Ecology di Jason W. Moore


Jason W. Moore è professore di sociologia all’università di Binghamton e principale artefice della World-Ecology, da lui definita un “dibattito globale”, ma più semplicemente un nuovo paradigma di radicalizzazione ecologica della World-Systems Theory.

Molti elementi presenti nella concezione del sistema-mondo di Immaneuel Wallersten e della storia-mondo di Giovanni Arrighi sono presenti negli scritti di Moore: un punto di vista olistico e sistemico; le relazione centro-periferia; la ciclicità dei processi accumulativi; il capitale come intreccio di rapporti storici di potere geopolitici; una teoria dell’egemonia delle fasi del capitale con processi di scomposizione e ricomposizione1.

La riformulazione originale di questi concetti avviene grazie all’ontologia ibrida impiegata da Moore che, secondo Alf Hornborg, condivide il gergo monistico di Bruno Latour imprime una torsione post-umana, simile a quella di Donna Haraway, al marxismo2.

La proposta di Moore è che una visione realmente dialettica e marxiana debba rinunciare alla distinzione tra Natura e Società. Questa distinzione non sarebbe altro che una riproposizione del dualismo di matrice cartesiana fra res cogitans e res extensa, per la quale fra Società e Natura esisterebbero distinti piani ontologici ed epistemologici.

Per Moore la critica sociale ed ecologica deve cambiare completamente prospettiva e concepire il rapporto società-natura nella doppia internalità del suo sviluppo storico e superare la tradizionale divisione delle Two cultures. La dialettica storica si svolge attraverso i mutamenti dei rapporti centro-periferia per mezzo di una logica della crisi che ricorda quella della Seconda Contraddizione di O’Connor3.

Società e natura non sono mai state separate, il loro è un rapporto co-evolutivo e dunque il focus della critica non è tanto sui modi in cui la società capitalista degrada l’ambiente, ma la maniera in cui capitalismo e natura si co-producono in un rapporto dialettico.


1. Oikeios: dalla produzione della natura, alla co-produzione del capitale-nella-rete-della-vita

Per esprimere il rapporto co-produttivo tra società e natura Moore fa uso di una scrittura ricca di locuzioni allacciate tramite trait d’union così da esprimere l’inscindibilità, o forse proprio l’indifferenza, tra oggetti sociali e naturali, al fine di stabilire il primato delle relazioni sugli enti. Il concetto adoperato a questo scopo è quello di Oikeios topos, luogo favorevole, del filosofo greco Teofrasto, abbreviato da Moore con Oikeios. In tal modo restituisce un indirizzo dell’analisi storica che guarda la natura come “matrice in cui l’attività umana si realizza e il campo in cui opera l’azione storica”4.

Ne risulta un’estensione della agency a soggetti non umani, organici e non organici per la quale “il capitalismo è già co-prodotto da differenti specie, esteso anche ai cambiamenti geo-biologici del nostro pianeta, alle relazioni, ai cicli”5. Questa agency è concepita da Moore come “la capacità di indurre il cambiamento storico (produrre rotture) o di riprodurre configurazioni storiche esistenti (riprodurre equilibrio)”6.

In tal senso, sono numerosi i contributi che in campo storico si sono sviluppati attorno all’evoluzione del clima nella storia umana e all’influenza che questo ha avuto nella storia sociale. Ad esempio, l’alternarsi di glaciazioni e periodi caldi ha giocato un ruolo chiave nella diffusione degli ominidi, e la loro successiva separazione, attraverso le terre emerse durante la preistoria. Questo è un esempio del fenomeno risultante dall’interazione fra storia naturale e umana. Anche la storiografia recente rivela il ruolo del clima e di altri fattori ambientali rispetto all’ascesa e caduta delle civiltà. Il cosiddetto optimum climatico romano e la piccola glaciazione medievale del xvi secolo hanno giocato un ruolo in questo senso7.

Moore per cercare di sottrarsi al determinismo ambientale e per promuovere una logica relazionale storica tra società-natura, decifra il clima in qualità di attore a condizione di concepirne l’azione come derivante dalle relazioni intrattenute con gli umani e il resto della natura. Questa azione è rifratta in maniera irregolare attraverso particolari formazioni storico-geografiche8.

Le civiltà per Moore si sviluppano internalizzando le realtà climatiche già esistenti e dunque la questione cruciale non è comprendere come società e natura siano separate, bensì come natura umana ed extra-umana siano combinate assieme. Moore trae ispirazione dalla dialettica tra organismo e ambiente di Levins e Lewontin e concepisce l’agire umano in quanto nella natura e ad essa connesso dialetticamente.

Il clima e altri fattori ambientali non vengono concepiti come limite esterno delle società e delle civilizzazioni, ma come fattori co-produttivi di rapporti di potere e di produzione. Moore segnala come le variazioni climatiche non costituiscano necessariamente fenomeni avversi ma possano anche favorire l’ascesa di civiltà. L’Oikeios è il concetto attraverso il quale Moore fonda teoreticamente il rapporto co-evolutivo e co-produttivo di “doppia internalità della società-nella-natura e della natura-nella-società, atto a segnalare il rapporto costitutivo della storia umana nella rete-della-vita e da essa inscindibile”9.

L’ecologia-mondo non è dunque l’ecologia del mondo, bensì questo processo storico co-evolutivo sempre intrecciato di natura umana ed extra-umana. Basandosi su un’interpretazione del materialismo storico di Marx ed Engels, Moore propone di considerare i rapporti di produttori/prodotti nella rete della vita come il “primo presupposto di tutta la storia umana”, in cui gli umani sono in rapporto costitutivo con la natura, producendo ed essendo prodotti di “un modo di vita determinato”10.

Lo scarto concettuale che Moore opera rispetto alla scuola della Metabolic Rift si può riassumere in una frase che ciclicamente ritorna attraverso i suoi scritti: “il capitalismo agisce attraverso la natura e non sulla natura”11. Il concetto di Oikeios opera questa distinzione nel rimarcare l’inscindibilità tra produzione sociale e naturale in senso metastorico. Le forme di articolazione di questo progetto co-evolutivo e co-produttivo nella rete della vita segnano differenti conformazioni socio-ecologiche prese in considerazione nella loro longue durée, l’ultima delle quali è quella capitalistica. Il concetto di Oikeios è metastorico, ma con una specifica relazione storica nella rete della vita.

Nella concezione dell’ecologia-mondo, ogni specie è creatrice di ambiente e il rapporto che vi si stabilisce è quello dell’Oikeios12. Moore concepisce il concetto di Oikeios come “un’elaborazione radicale della dialettica immanente nel concetto di metabolismo di Marx”13; le specie come creatrici di molteplici ambienti nella rete della vita. Il concetto di Oikeios è strettamente vincolato a quello di Neil Smith di produzione della natura, ma si differenzia da questo poiché il rapporto co-produttivo dell’Oikeios è da intendersi come metastorico. La produzione della natura di Smith è un fenomeno circoscritto al capitalismo, mentre nell’ecologia-mondo il rapporto co-produttivo e interno di società e natura prende differenti forme storiche.

Il capitalismo per Moore si costituisce attraverso tre momenti: produzione della natura, accumulazione di capitale e ricerca del potere. Nella concezione dell’ecologia-mondo, il concetto di produzione della natura indica rapporti storici definiti di combinazione di natura umana ed extra-umana. Si parla di un rapporto co-produttivo e di internalità di società e natura. L’impossibilità di operare una scissione tra l’essere umano e l’ambiente esterno è resa impossibile dal fatto che a sua volta costituisce un ambiente per altri organismi: emblematico è il microbioma umano.

Per Moore, le “civiltà si sviluppano dunque attraverso l’Oikeios”, e esse stesse sono “combinazioni di rapporti tra agenti umani ed extra-umani”14. Le forme di interazione che l’essere umano e la società mantengono con l’ambiente esterno sono così intrecciate nella concezione di Moore che non è possibile distinguere in alcun senso società e natura, se non nel processo di un’astrazione reale attuata dal capitalismo attraverso forme violente. Un dualismo cartesiano di cui soffrirebbe anche Foster e la sua scuola. Moore rivendica per la sua analisi la concezione dialettica che Levins e Lewontin hanno elaborato in The Dialectical Biologist, e la sua espressione si situa nella concezione dell’Oikeios.

La sintesi dell’ecologia-mondo, dunque, differisce da un approccio generalmente cartesiano, che vede gli umani come quelli che degradano l’“ambiente globale” e non comprendono che i rapporti dettati dal termine “ambiente globale” non sono solo gli oggetti parziali dell’attività umana, ma anche i soggetti (agenti) del cambiamento storico. Il pensiero verde cartesiano nega l’intercambiabilità soggetto/oggetto, organismo/ambiente, causa/effetto in favore dell’eccessiva fiducia nel fatto che la creazione-di-ambiente da parte dell’umanità possa essere ridotta a una “impronta ecologica”15.

La proposta di Moore è quella della radicalizzazione del concetto di produzione della natura. La radicalizzazione avviene per due ragioni: 1) per estensione a un rapporto co-produttivo; per cui anche il capitalismo è a sua volta non solo il prodotto storico sociale, ma è compartecipato dalla natura storica; 2) per estensione della agency ben oltre il confine dell’umano. Piante, malattie, clima fanno la storia quanto un qualunque impero e a loro volta è possibile concepirle solo nell’articolazione con l’accumulazione, l’impero e la classe16.

La conclusione a cui giunge Moore è quindi molto diversa rispetto a quelle fin qui analizzate: egli non si preoccupa tanto della degradazione della natura come evento esterno all’attività umana, ma pensa alle nature extra-umane come produttori e prodotti del cambiamento storico, interni ai movimenti di questo mutamento. Di conseguenza, per Moore, la natura non può né essere distrutta né salvata, ma può essere riconfigurata in modi più emancipativi o più oppressivi, non da un punto di vista antropocentrico, ma dal punto di vista dell’Oikeios, che costituisce la dialettica pulsante e rinnovatrice tra gli umani e il resto della natura17.


1 Cfr. Giovanni Arrighi, Il lungo xx secolo. Denaro, potere e l’origine del nostro tempo, trad. it. di M. Di Miglio, il Saggiatore, Milano 2014. Immanuel Wallerstein, Il capitalismo storico. Economia, politica e cultura di un sistema-mondo, trad. it. di C. Donzelli, Einaudi, Torino 1985.

2 Alf Hornborg, Dialectical Confusion: On Jason Moore’s Posthumanist Marxism, 25 giugno 2020, blog/dialectical-confusion-jason-moores-posthumanist-marxism (ultimo accesso 17.12.2020). Cfr. Bruno Latour, Non siamo mai stati moderni, Eleuthera, Milano 2009. Donna J. Haraway, Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, trad. it. di L. Borghi, Feltrinelli, Milano 1995.

3 Cfr. Andreas Malm, [Guide de lecture] Le marxisme écologique,   in “Periode”, 19.7.2017,   http://revueperiode.net/guide-de-lecture-le-marxisme-ecologique/   (ultimo   accesso 25.4.2020).

4 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 126.

5 Jason W. Moore, Capitalism in the Web of Life. Ecology and the accumulation of Capital, Verso, London-New York 2015, p. 15.

6 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 127.

7 Cfr. Kyle Harper, Il destino di Roma. Clima, epidemie e la fine dell’impero, trad. it. di L. Giacone, Einaudi, Torino 2019.

8 “Il cambiamento climatico, in questa prospettiva, diviene un vettore del cambiamento planetario intrecciato nel tessuto proprio della produzione e del potere della civiltà (classe, impero, agricoltura, ecc.). Questo tessuto socio-ecologico non è un fenomeno recente, ma si distende nei millenni addietro” (Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 128).

9 Moore, Capitalism in the Web of Life, cit. p. 1.

10 Marx e Engels, L’ideologia tedesca, cit., pp. 8 e 17.

11 “La teoria del capitalismo come ecologia-mondo parte da una proposizione semplice: proprio come una fattoria è un modo di organizzare la natura, così lo è un mercato, un centro finanziario, una fabbrica o un impero. La produzione della natura ha riguardato tanto le fabbriche, le borse, i centri commerciali, gli slums e la gentrificazione quanto il consumo di suolo e l’estinzione delle specie. Per questo motivo, il capitalismo in quanto ecologia-mondo si sforza di connettere ciò che si suppone essere disperso, spesso anche da prospettive radicali: l’accumulazione di capitale, le lotte per il potere e la produzione della natura” (Jason W. Moore, Wall Street è un modo di organizzare la natura, Intervista a Jason W. Moore di “Upping The Anti”, 13 giugno 2014, pp. 2-3).

12 Ovviamente questo non solo nell’ecologia-mondo ma anche in ogni concezione marxista che abbia una qualche familiarità con la biologia dialettica di Levins e Lewontin.

13 Moore, Ecologia-mondo e crisi del capitalismo, cit., p. 132.

14 Ivi, p. 134.

15 Ivi, p. 136.

16 Ivi, p. 137.

17 Ibidem.


©Iacopo Nicola Bergamo,  Marxismo ed ecologia, Ombrecorte 2022