Hybrid Warfare, un concetto filosofico
Silvano Cacciari
17.09.2021

Leggendo Mexican Drug Violence di Teun Voeten -dall’eloquente sottotitolo Hybrid Warfare, Predatory Capitalism, Logic of Cruelty- balza subito agli occhi come nella storia della filosofia la logica della crudeltà, descritta in questo magistrale lavoro etnografico, sia stata data per risolta troppo facilmente. Bene o male qui è Hobbes a risolverla con l’istituzione teorica del Leviatano mentre la sua critica da per comunque per scontata la possibilità di risolvere, filosoficamente, la crudeltà diffusa magari in altri modi.

E’ da evidenziare il fatto che lavoro etnografico di Voeten, sulla pratica discorsiva legata alla ferocia nel Messico odierno, va letto in modo differente rispetto agli storici lavori di Pierre Clastres ma comunque contro Hobbes. Ma dove Clastres dimostra, sul campo nell’Amazzonia del XX secolo, che la società esiste contro lo stato, Voeten dimostra, sul campo del Messico distopico dei nostri giorni, che le pratiche di discorsive della crudeltà si riproducono non solo nell’impossibilità dello stato di limitarle entro ragionevoli confini ma anche nella ibridazione antropologica tra stato e forme di crudeltà organizzata.

Quando lo stato non è in grado di contenere la crudeltà, contro la quale si dirigono i processi di legittimazione di tutto il pensiero politico dell’ordine, quando persino, come in Voeten, il Leviatano esiste per fallire salta, in una grande esplosione finale genere Zabriskie Point, la stessa possibilità di argomentazione morale ed etica che viene così ridotta in quella polvere chiamata astrazione. Perché dove la forza in ultima istanza dello stato è nulla la filosofia etica e morale si ritrae nel profondo delle librerie fino a quasi scomparire nel mondo esterno.

Certo Voeten non è Clastres, e l’evaporazione della forza dello stato non lascia spazio ad una società violenta ma comunque egualitaria e irriducibile al dominio del potere centrale. Oggi il mondo, altro che i Guaranì di Clastres, è il ritirarsi dell’impero dalle guerre di confine, come in Afghanistan, lasciando al potere i talebani, con la civilizzazione capitalistica che concede spazio al tribalismo ossessivo.

Allo stesso tempo, l’implosione irreversibile dello stato in Messico lascia la società non autonoma ma prigioniera di uno stato di guerra ibrido, sporco, continuo tra stato e piccoli narcostati, tra le bande dei narcostati in uno scenario in cui i confini tra stato e bande sono soprattutto giornalistici.

Questo è il mondo che contiene la Hybrid Warfare che così non solo esce dalla manualistica sulla guerra, non solo assume le vesti di un concetto antropologico, grazie a preziosi lavori etnografici come Mexican Drug Violence, ma non è neanche riassumibile nel solo piano filosofico politico, nonostante la lettura dei classici che un testo come quello di Voeten permette di applicare.

Ma che cosa è l’Hybrid Warfare? Perché e come si forma come concetto filosofico? E quali sono le conseguenze di questa formazione?

Hybrid Warfare è un concetto recente ma di grossa portata teorica, legato al pensiero bellico e riguarda l’osservazione della mutazione della guerra che, non solo, come negli anni 90 la si vuole sempre meno decisa nel conflitto sul campo ma, soprattutto, comprensiva del potere distruttivo delle tecnologie.

Insomma già dagli anni 90, quando nella teoria della guerra si impone il concetto che vuole ogni attività umana trasformabile in attività bellica, nel momento in cui il conflitto sul campo è sempre meno efficace per risolvere le controversie, l’attività umana tout court diviene strumento di guerra. Concetti oggi maggiormente validi nel momento in cui l’intelligenza artificiale diviene sempre più strategica sia negli strumenti della guerra che dell’agire quotidiano.

E così mentre per il trentennio dell’inizio della seconda globalizzazione, la nostra, la riflessione etico-morale si snoda attraverso la letteratura dell’equità della deliberazione pubblica, le note a margine sulle differenze – tutti argomenti di una società civilizzata che ha espulso la guerra e la crudeltà dal proprio orizzonte – l’analisi sul campo della guerra e l’etnografia dei conflitti ci mostrano che è proprio accaduto il contrario.

Ovvero che la società ha talmente interiorizzato il paradigma della guerra da rendere non solo inefficace la riflessione civile sui paradigmi etico-morali da applicare nella società ma da far deragliare, e sul campo, lo stesso potere dello stato sovrano facendo impallidire anche l’immagine del Leviatano.

Certo, la riduzione del peso della guerra sul campo richiede che questa entri nei processi sociali soprattutto come processo di mimesi, e qui va considerato ad esempio che l’effetto distruttivo del cyberwarfare, che è mimesi tecnologica della guerra, è così forte da fare anche danni materiali paragonabili alla guerra sul terreno.

Il concetto di Hybrid Warfare non diviene quindi filosofico perché costruito dalla filosofia ma perché impone i suoi effetti sulla filosofia.

I primi sono di ordine etico-morale. Cosa sono i dibattiti sull’etica pubblica quando, grazie alla Hybrid Warfare, si comprende che questi poggiano su uno stato che non solo è sempre meno sovrano sul proprio territorio ma anche che, come nelle narcoguerre in Messico ma anche nella gestione migranti Ue, si ibrida con le forme di crudeltà interiorizzandone la logica?

Il pensiero etico-morale deve tornare sulla guerra non tanto come ragionieristica deliberazione di giustizia sulla risoluzione dei conflitti ma proprio come analisi di cosa avviene, nelle nostre società, grazie alla mutazione di quel profondo fenomeno antropologico che è la guerra.

I secondi sono di ordine estetico-cognitivo. L’estetica dell’accelerazione di Virilio ci ha mostrato come, dall’avvento della società industriale, la stessa percezione sia rivoluzionata dai processi di accelerazione (trasporto, comunicazione etc.) del comportamento umano. La stessa visione dell’occhio naturale, nella costruzione dei processi di verità, si appoggia sempre più spesso all’occhio digitale per stabilire il vero ma anche l’onirico (il rapporto tra foto e esperienze di sogno etc.).

Cosa è la percezione nell’Hybrid Warfare? Quale violento rapporto biopsichico contiene una percezione diffusa quando la tecnologia è uno strumento entro un contesto di riduzione a guerra di ogni attività umana? Le nostre società si sono trasformate velocemente grazie all’irruzione, nell’uso comune, di strumenti di origine logistico militare (internet, smartphone) , in uno stato di guerra esteso a tutta l’attività umana, le mutazioni sul piano estetico-cognitivo sono di prim’ordine.

Ultime, ci sono le questioni di ordine antropologico e qui una per tutte: la nostra società è apparentemente pacificata ma in realtà strutturata secondo la logica della guerra contenuta in ogni ambito della attività umana? E’ una società in guerra permanente che deve razionalizzare ancora questa novità che gli è cresciuta attorno? Oppure è una società che, una volta lasciatasi permeare fino in fondo dalla logica della Hybrid Warfare è destinata irreversibilmente a implodere? E che cosa è lo stato nella condizione umana della guerra permanente? Un simulacro? Una trasformazione?

Certo, esiste una antropologia che guarda a questo genere di evoluzione: se si guarda al testo di Kenneth Payne Strategy from Apes to Evolution. Artificial Intelligence and War ci rendiamo conto come le mutazioni antropologiche veicolate dalla guerra ibrida ci portino su un terreno di serio conflitto tra strategia, intesa come prodotto dell’intenzionalità umana, e intelligenza artificiale, intesa come artefatto dell’intelligenza umana.

E questo conflitto, visto alla particolare conformazione delle nostre società nelle quali guerra e attività umana diventano indistinguibili, porta enormi mutazioni sia sulla macrofisica che sul piano della microfisica dei conflitti.

Insomma, il concetto di Hybrid Warfare assume, in filosofia, un ruolo ricognitivo che mette alla prova la solidità dei dibattiti etico-morali, l’analisi dell’estetica cognitiva che si è instaurata nelle nostre società e il suo spessore antropologico.

E il Leviatano? O è destinato a mutare seriamente, come la guerra e la crudeltà che si era chiamato a risolvere, o a divenire quantità letteraria trascurabile. In ogni caso gli effetti, per la letteratura filosofica che si occupa di questi temi, come si dice nel linguaggio sportivo, sono pazzeschi.