La catastrofe ecologica non è solo quella dell’ambiente, delle risorse etc., ma è anche una catastrofe sociale e politica in cui le forme della comunicazione svolgono un ruolo preponderante. In linea di principio le nuove tecnologie dovrebbero agevolare modi e forme volti a superare il dissennato sfruttamento dei diversi contesti ambientali, territoriali e sociali. La realtà appare però diversa, agli antichi sistemi di sfruttamento si aggiungono modelli di mappatura e digitalizzazione che incrementano sfruttamento e controllo di diverse aree del pianeta, il tutto si connette con l’affermarsi sempre più predatorio di nuove gerarchie tecno-finanziarie che prescindono dai contesti materiali e che operano in direzione di un’espropriazione sempre più violenta dei beni minimi necessari alla vita, beni che siamo usi considerare alla stregua di diritti “naturali”.
Le nuove schiavitù, le nuove forme di dominio del “vivo sul vivo” ripetono meccanismi arcaici che vengono adeguatamente ri-declinati attraverso i media più “avanzati” del presente.
Un approccio ecologico alla rivoluzione digitale dovrebbe materialisticamente porsi quest’ordine di problemi che non possono prescindere da un piano etico-politico, in questo periodo poco praticato. Il proliferare delle guerre, dei conflitti ci dicono che siamo ancora animali inadeguati e che le “micropolitiche” di resistenza non appaiono del tutto sufficienti a contrastare lo sconvolgimento in corso. Le nuove tecnologie, soprattutto quelle della comunicazione modellano dei saperi “situati”, come li definisce Haraway, saperi che non sempre riescono a interagire tra loro e che quindi non sviluppano una visione d’insieme. La passivizzazione di quelle che vengono definite le “competenze” disegna un quadro fosco della tecnosfera in cui le protesi mediali profilano “deserti luoghi”, luoghi di addiction, poiché apprendiamo altri ritmi, più compulsivi e frammentati, l’attenzione è breve al pari di una memoria che non sedimenta esperienza, ma cancellazione. L’attenzione al piano delle micropolitiche proposta da Félix Guattari può tuttavia indicare un momento di importante attenzione nell’analisi delle trasformazioni anche del desiderio. L’analisi indaga anche i livelli dispotici di ogni stato di relazione, che investono in primo luogo il piano del desiderio collettivo delle masse e degli individui serializzati. Al contempo, le micropolitiche possono produrre possibilità che permettono di sovvertire i modi “attraverso i quali riproduciamo (o no) i modi di soggettivazione dominanti”.
Riprendere questo tema implica la considerazione del “molteplice”, oltre che la critica del soggetto; le cartografie sono multidirezionali e spesso segnate da desideri risentiti e depressi. Nelle considerazioni contenute ne Les années d’hiver è lo stesso Guattari a soffermarsi sulla lunga depressione sopraggiunta negli anni Ottanta, suggerendo però allo stesso tempo un’opzione, una possibile lettura diversa: “L’esperienza della depressione… Lo sfilacciamento del senso del progetto, del senso del mondo, ecc. Un atterraggio sull’esistenza in ciò che essa ha di più vicino. È per questo che ho scritto questo breve libro Caosmosi . È un po’ una riflessione su questa immersione nella depressione… vale a dire che ci si sente accerchiati dai dei muri… da dei muri di significazione, dal sentimento di impotenza, dal sentimento che è sempre tutto uguale, che niente può cambiare. E poi, a volte è sufficiente una frattura nel muro, basta un qualcosa perché ci si convinca che il muro era permeabile…” (F. Guattari, Les années d’hiver, 2009). Le fratture costituiscono così i varchi ancora aperti, gli eventi a venire, la creazione di “quello che manca”, insomma percorsi non ancora presenti, ma possibili da inventare, pratiche da immaginare.
Nella sfera digitale gli eventi si susseguono e si sovrappongono a ritmi impossibili per l’animale uomo che super stimolato cancella e cerca sempre soglie più “intense” di stimolazione. Questa forma di alienazione riguarda soprattutto la trasformazione di un sociale afasico, incapace di elaborazione, di pensiero… Di nuovo torniamo alla necessità di coniugare l’approccio ecologico con le tecnologie, anche quelle della comunicazione, ancora con Guattari: “Men che mai la natura può venir separata dalla cultura e bisogna che impariamo a pensare ‘trasversalmente’ le interazioni tra ecosistemi, meccanosfere e universi di riferimento sociali e individuali” (F. Guattari, Le tre ecologie, 1999). La rielaborazione di nuovi progetti di vita, di nuovi progetti politici dovrà transitare tra le forme di trasformazione che attraverso le quali stiamo transitando.