Croce e l'estetica
Manlio Iofrida

17.12.2023

Il primo punto riguarda il rapporto fra quello che è probabilmente il contributo maggiore, dal punto di vista dell’originalità teoretica, di Croce, e cioè la sua rifondazione dell’ estetica, a partire dalla fine del XIX secolo fino ai suoi scritti più tardi: bisogna considerare che la stessa fondazione sette-ottocentesca di quest’ultima (lasciando da parte gli schemi heideggeriani che la inseriscono nell’ “epoca dell’immagine del mondo”, che ci sembrano oggi consunti e su cui bisognerà tornare con calma) era divisa fra esigenza di ridare al sensibile e al percettivo il suo valore di fondatività di tutta l’esperienza (che con Baumgarten, Kant e Schiller viene sviluppata con forza) e idealismo – la summa della riflessione sulla questione, cioè la Grande Estetica di Hegel teorizzava, come è noto, la morte dell’arte e il suo assorbimento nel concetto. Ma non è da dimenticare la posta storica, politica e critica che ha l’emergere di questa dimensione estetica (Marcuse): fra Schiller, Kant e Hegel viene sviluppata, anche qui con contraddizioni e ambiguità, la prima e assai tempestiva critica della società capitalistica e industriale, della “terza” modernizzazione” di cui abbiamo parlato: critica della divisione del lavoro, critica del lavoro alienato e della condizione generale di alienazione della società moderna, critica della divisione in classi di tale società. E, con l’introduzione del concetto di gioco, abbiamo la messa in questione anche del rapporto uomo – natura, del dualismo soggetto – oggetto, che è un consapevole confronto con il processo di industrializzazione che sta iniziando in quegli anni. Su questa linea, con Burckhardt e, in parte, anche con Nietzsche, si svilupperà un rapporto con la civiltà latina e italiana che conferirà ad essa un primato particolare, come tipo di modernizzazione in cui il bello e l’estetico avevano un valore che la civiltà industriale avrebbe distrutto.

Queste, in modo assai sintetico, le poste del tema dell’estetica che erano in gioco nel momento in cui Croce inizia la sua operazione di ricostruzione: rispetto a questa ricca e complessa eredità, come si misura tale operazione? È noto che, in generale, lo hegelismo di Croce è in gran parte un equivoco; in particolare, nel campo dell’estetica, la sua lontananza dal filosofo tedesco è tutto sommato assai marcata. Egli fa del momento estetico il primo gradino della conoscenza, il che significa che l’estetica non è una mera dottrina del bello, ma è il fondamento epistemologico di tutto il sistema crociano dei distinti. È vero che questo primo grado del conoscere è poi destinato a essere “superato” dal concetto, ma nel modello crociano dei distinti (più vicino alla dialettica di Schelling e delle sue potenze che a quella logicizzante di Hegel) un grado non toglie l’altro: essi coesistono orizzontalmente. Certo, l’unico sbocco del sensibile è l’espressione linguistica che è univocamente incardinata sul concetto, e, altrettanto certamente, col tema dell’immagine visiva Croce, nonostante gli sforzi disperati di un Longhi, che pure rimarrà sempre nel quadro della sua estetica, non riuscirà a fare i conti. Tuttavia, con tutti questi limiti e contraddizioni, non si può non vedere nel gran lavoro estetico del filosofo napoletano il tentativo di ridar voce, nel quadro, ma anche contro la lezione dell’idealismo tedesco, alla tradizione italiana culminata nel Rinascimento, che nel terrestre, nel sensibile e nel naturale aveva avuto uno dei suoi capisaldi. In altri termini, se all’inizio del XX secolo, con il comparire dell’Estetica di Croce, l’Italia proponeva alla cultura internazionale, e con grande successo, una riformulazione decisiva di uno dei capisaldi teoretici della filosofia contemporanea, ciò corrispondeva al fatto che Croce ridava voce e riattualizzava un solco che molti secoli prima era stato inaugurato dalla cultura italiana. E forte era anche la sottolineatura di adesione spontanea al valore della vita, l’antinichilismo che caratterizzavano tutta la posizione di Croce e che lo staccavano nettamente dal suo compagno Gentile e da tanta parte della filosofia europea post-hegeliana.

Confrontando l’operazione di Croce a quanto stava maturando negli stessi anni nella cultura europea, si coglie il suo parallelismo e la sua solidarietà con la valorizzazione dell’irriducibilità del sensibile e del corporeo che stava mettendo in atto la fenomenologia – con tutte le differenze del caso, ma anche con analoghe tensioni e contraddizioni fra riconoscimento dell’irriducibilità del sensibile e istanze logicizzanti e di carattere marcatamente idealistico.

Ulteriore caposaldo, più specifico della nostra cultura, dell’opera di Croce era la riformulazione che egli operava del concetto di storia: altro tema su cui la sua opera ha avuto risonanza europea e mondiale; ma anche tema più complesso e che ha costituito il motivo massimo della sua emarginazione a partire dagli anni Sessanta.

Allo scadere del XIX secolo, dopo la caduta dell’idealismo e dopo Nietzsche e nel pieno del positivismo, ma anche dopo Dilthey, che significato complessivo ha la riformulazione dello storicismo che compie Croce? In che senso questa operazione non è un semplice ritorno indietro, non è una semplice restaurazione, ma un portare nel ‘900 il concetto di storia? Non dimentichiamoci che Merleau-Ponty, non certo uno storicista tradizionale, in Ovunque e in nessun luogo (in Segni, tr. it. Net, Milano, 2003, p.205) non a caso fa il nome di Croce come riferimento fondamentale per la tematica della storia nel ‘900. A mio parere, la risposta da dare a quelle domande è la seguente: Croce ha ripreso un concetto di storia che va contro quello evolutivo e gerarchico della tradizione positivistica, ma anche di un certo Hegel; e lo ha fatto configurando la storia come un campo in cui lo spazio è altrettanto importante del tempo, la contemporaneità lo è altrettanto che la successione. In che senso? Nel senso che l’accento di Croce cade sul fatto che io presentifico il passato, che lo ravvivo, e quindi l’elemento passato è posto nella contemporaneità, e così viene criticato il concetto di mera successione cronologica. In questo stesso senso va la valorizzazione dello storico contro il filosofico, dell’effimero contro l’eterno, dell’elemento contingente di contro all’elemento necessario, ideale, astratto, tutta la sottolineatura che Croce fa del tema del concreto: rendere la filosofia integralmente storica significava che l’eternità delle categorie era posta in stretto nesso con il contingente, che l’effimero era il luogo in cui doveva volta per volta misurarsi l’eterno: in questo senso, Croce rompeva con la filosofia della storia di tipo hegeliano, o, almeno, col suo aspetto più “occidentale”. Certo, poi egli non rimane fedele a questa impostazione e ci sono delle forti ricadute idealistiche, “progressistiche” nel suo discorso, ma che il punto forte della sua posizione sia quello di far riemergere la contemporaneità del passato nel presente è confermato dal fatto che questa operazione teoretica è strettamente legata a quello storico-politica che egli stava compiendo: era un puntello essenziale per riproporre come non “superata”, come insieme di valori ancora rinnovabili, la tradizione italiana dal XIII al XVII secolo. E questo è anche il senso della filologia di stampo vichiano di Croce, del suo piegarsi sui più minuti particolari, che vengono valorizzati, presentificati, riportati nel loro valore attuale. Questo era il continente storia che era diventato sconosciuto alla tradizione positivistica e che Croce ripresenta con forza.

Che, sotto la superficie idealistica, nel discorso di Croce sull’estetica come in quello sulla storia, covi una sostanza molto più mossa, è discorso che può essere sostanziato se ci si riferiamo a tre autori che a Croce sono legati in modo molto forte: il riferimento a questi crociani “eretici” (in grado e modo assai diverso l’uno dall’altro, ma comunque eretici) ci permetterà di mettere allo scoperto molto meglio gli aspetti ancora vivi, per noi, del suo pensiero: mi riferisco a Erich Auerbach, a Ernesto De Martino e a Antonio Gramsci.

[continua]