Umani di nuovo. Con il postumano e Michel Serres
Orsola Rignani

05.02.2022

Il testo che segue è tratto dall'introduzione allo studio di Orsola Rignani edito da Mimesis


CONSAPEVOLIZZAZIONE DELLA NOVITÀ COME COSTRUZIONE DEL “NUOVO” (UMANO/UMANESIMO): UN’URGENZA



Resta fuori chi crede di poter vincere i labirinti sfuggendo alla loro
difficoltà.

                    Calvino, La sfida al labirinto



Umani “di nuovo”, ossia postransominescenti. Qualcosa che sembra uno scioglilingua che gioca di abilità con due prefissi (preposizioni) e un neologismo incoativo; ma, se di un gioco si tratta veramente, si sa che il gioco è tale e come tale vale tanto in quanto sia giocato secondo regole non arbitrarie.

Pertanto, qui il calembour linguistico della pronuncia e/o della scrittura di una parola improbabile sottende scelte/regole di combinazione tra i prefissi (preposizioni) e l’incoativo: tra post, trans e ominescenti non trovano posto segni di giuntura che potrebbero suggerire l’idea di composizioni, di giustapposizioni, di aggiunte accidentali o di relazioni gerarchizzanti.

Postransominescenti è piuttosto un termine di sintesi che rispetta la diversità e l’individuale, che non sussume o svaluta il particolare ma lo completa; è un termine nuovo che sintetizza effetto/reazione, passaggio, attraversamento, mutamento, in una prospettiva iniziale e processuale.

Il prolungarsi di un fenomeno preesistente in forme nuove veicolato da post e il passaggio oltre un termine e il mutamento di condizione veicolati da trans fanno infatti corpo unico con il “nuovo” inizio del processo di umanizzazione espresso dall’incoativo hominescence, inventato all’inizio degli anni Duemila da Michel Serres.

Per cui Umani “di nuovo”  (ossia postransominescenti), con il postumano e Michel Serres dice il raccogliere e il declinare l’eredità, consegna, istanza complessiva, comune alla riflessione del postumano e di Michel Serres, del “riposizionamento” dell’umano, resa ora più che mai cogente dalle contingenze pandemiche e di fronte alle prospettive post-pandemiche.

In proposito va precisato che questo, che può sembrare un rifiutare attenzione al chi ha detto cosa per lasciare emergere solo idee generali e comuni, è in realtà un atteggiamento teorico-metodologico di opposizione per generalizzazione, ossia un tentativo di considerare temi e idee specifici come casi particolari di un contesto più ampio, che non li nega ma li ricomprende completandoli.

Si tratta, in altre parole, di un intento di de-familiarizzazione nei confronti di approcci ricostruttivi, classificatori, categorizzanti, oppositivi dialettico-negativi, nella prospettiva del quale appunto la cogenza dello stabilire chi ha detto cosa va a sbiadire e i contenuti di qualsivoglia non voler fare teorico-metodologico divengono, non dialetticamente, aspetti singoli di un contesto generale – nello specifico le istanze di riposizionamento dell’umano.

L’urgenza di una presa di consapevolezza della novità oggettiva come tutt’uno con l’urgenza di costruzione del nuovo stesso, che significa segnatamente l’urgenza della presa di consapevolezza di un umano “nuovo” come urgenza della sua realizzazione (“nuovo” modo di essere nel mondo, di mettersi in corrispondenza col modo in cui il mondo è e sta cambiando), è pertanto ciò che emerge complessivamente e che ricomprende e oppone generalizzandole tematiche quali le declinazioni e correnti del postumano e/o gli orientamenti con esso connessi (postumanesimo critico, filosofico, speculativo, biomorfo, object oriented ontology, environmental humanities, ecocriticismo, biosemiotica ecc.), nonché le relazioni tra postumanesimo e transumanesimo (nelle sue diverse proposte/interpretazioni); come anche ricomprende generalizzandole le prospettive umanistiche, antropocentriche, specistiche, dualistiche (anima/corpo, soggetto/ oggetto, linguaggio/mondo, natura/cultura), ecc.

Nel manifestar(mi)si come contesto complessivo che intrattiene con questi, che ne vengono a costituire solo momenti particolari e/o eccezioni, una relazionalità non oppositiva o sussuntiva ma appunto generalizzante, tale urgenza propone, veicola, promuove, quindi, la sintesi – quella che lo stesso neologismo postransominescenti esprime –, ossia un (passato) presente/futuro di (pensiero di) relazioni, legami federativi, inventivi, creativi, e quindi, quasi a scatola cinese, un lavoro di carattere sistemico-ecologico-trasversale-inclusivo-federativo sull’umano.

In postransominescenti ci sono (il pensiero dell’) effetto/reazione, mutamento, relazione, trasformazione, a fluidificare, ibridare, contestualizzare, relativizzare definizioni, categorizzazioni, partizioni, periodizzazioni, obsolescenti nelle loro pretese di assolutezza e di esclusività.

L’Uomo – maschio, bianco, occidentale, scolarizzato ecc. – quale fulcro dell’umanesimo classico, umanista, moderno, l’anthropos quale specie ontologicamente, eticamente ed epistemologicamente centrale, il linguaggio, la memoria, il calcolo, la volontà umani come agencies par excellence, l’anima come essenza dell’uomo vengono quindi a contestualizzarsi e completarsi nell’alveo dell’istanza della consapevolizzazione/costruzione di un umano/umanesimo de-antrop(ocentr)izzato e ri-coappartenente; per cui, in ultima istanza, si tratta di pensare/tornare, eco(nto) logicamente, a un umano in relazione con un mondo relazionale da cui si è per così dire auto-escluso (età classica, umanesimo, moder nità ecc.); ovverossia di de-antropocentrare/de-antropomorfizzare – senza peraltro abolizionismi e/o estinzionismi – il mondo, per cogliere e/o per lasciare emergere, dall’interno, i principi comuni a tutti gli enti e le loro interrelazioni.

L’urgenza del riposizionamento umano come urgenza della consapevolizzazione/costruzione, nella “restaurazione” della sua co-appartenenza rispetto al mondo, di un umano “nuovo”, è dunque, come detto, l’eredità, la consegna, il compito generale del postumano e di Serres, che, nel suo articolarsi e declinarsi, non può che raccogliere via via suggestioni dalla stessa riflessione postumanista e/o serresiana.

Il pensare/costruire un’età della sintesi infatti non può fare a meno di considerare, per esempio, la composita proposta serresiana di una relazionalità federativa e inventiva, così come non può trascurare la (ri)scoperta, (ri)valutazione, postumanista e serresiana, delle alterità non umane e delle loro agencies, connessa specificamente con un’idea di corpo sensibile quale soglia, luogo di relazione, passaggio, mediazione, scambio nonché, in quanto tale, dimensione ecologica antropo-poietica.

Fondamentali a quest’ultimo proposito sono le posizioni postumane e serresiane sulla pregnanza, l’attitudine coniugativa e ibridativa del corpo meta-stabile, plastico, mimetico-metamorfico-cognitivo, virtuale per “essenza”. Così come, su una tematica come il pan-/a-centrismo, inter-implicata con l’inter-relazionalità umano/altro-dall’-umano, sono imprescindibili le suggestioni, postumaniste e serresiane, di un rapporto partecipativo, simbiotico-parassitario tra umano e mondo.

Tutto questo, per provare a pensare/costruire postransominescenti, come e in quanto tali co-appartenenti, inter-implicati, costitutivi di una realtà sintetica, relazionale, possibile, in cui le differenze tra gli enti sono solamente di grado e non di sostanza.

Pertanto, se l’agenda è appunto la consapevolizzazione/costruzione del “nuovo” (uomo/umanesimo), non deve meravigliare o indispettire oltremodo l’impiego di un “linguaggio” per quanto possibile partecipativo nei confronti di queste stesse novità e perciò per molti aspetti nuovo, ossia intriso di neologismi, e di figure. Le quali, per parte loro, agiscono da, e sono, sintesi e al tempo stesso rifrazioni del pensiero a ogni giro di paragrafo, fino alla fantasmagoria di chiusura.




© Orsola Rignani, Umani di nuovo. Con il postumano e Michel Serres , Mimesis 2022