11.01.2021
Sugli uomini difficili
Ubaldo Fadini
Per fallire meglio – in senso beckettiano – bisogna innanzitutto non fare peggio, cercare in ogni caso di evitarlo. Se si dà un'occhiata – da “uomini difficili” impegnati comunque in qualche commedia – agli spettacoli degli intellettuali in visita tele-visiva o catturati dalle rete, qualcosa colpisce, ricordando che la dominante del “nostro” tempo è sempre quella della merce che “contempla se stessa in un mondo da essa creato” (Guy Debord). Si presentano di solito, gli intellettuali, con un sorrisino di maniera, a testimonianza di una consapevolezza matura di sé, alimentata dalle frequentazioni “giuste”: non soltanto libri ma anche le compagnie appropriate, caratterizzate da un livello talmente elevato di disinvoltura da lasciare a bocca aperta tanta può essere la sorpresa quando per un attimo balena il ricordo della varietà degli stili, degli abiti mentali indossati, con i dovuti arrangiamenti politici. Il sorrisino sta a indicare pure una formidabile arte della sopportazione di fronte al dintorno di “riflessione”, meglio: di “chiacchiera” (Heidegger, nel bene o nel male, sul nero o sul bianco, il rosso lasciamolo da parte, fa sempre comodo), che tocca affrontare. Compito quasi eroico, portato avanti con sano sprezzo del pericolo, quello di confrontarsi, da intellettuale, con il dilagare del banale: la telecamera offre maliziosamente un appiglio per la rilevazione della tenuta del sorrisino, di un appartarsi relativo in un mondo “altro” rispetto a ciò che si ha di fronte e che illumina la fronte stessa rilevandone le cavità, le rughe profonde, sotto la carta del cerone, del preparato scenico. Vengono in mente gli innominabili filosofi e non del viso come politica. A proposito: perché innominabili? Forse una spiegazione può essere vista, al di là delle memorie personali (quali?), in quel calare delle tenebre che pare ri/guardarli e che porta alcuni astuti commercialisti dell'anima, alla rincorsa di demoni vari, ad un “oscuro scrutare”, alla Philip K. Dick per intenderci, un po' simpaticamente goffo e sempre comunque malevolo (perché rivolto a un più di visibilità, di “carriera” o altro... si tratta in definitiva sempre del “proprio” tornaconto).
Torniamo però agli intellettuali. Ci sono poi quelli in un qualche modo “mossi”, agitati perché scossi da moti a carattere ansioso (e ansiogeno). Scrittori, filosofi, artisti ecc. imbarazzati e che perdono spesso il filo di un ragionamento di cui si avverte il carico “nobile” e ostico insieme, la durata infinita e la necessità conseguente di una qualche pausa. L'effetto è esagerato: non più l'ombra o il balbettio cari ai poeti, bensì uno scioglilingua senza successo, che fa tenerezza, prossimità, e dunque una virgola in più di audience. Ovviamente c'è anche chi esagera e allora si ha il quadro dipinto a tinte forti, caro un po’ a tutti, degli amici al bar, dei “vissuti” da richiamare come espressione dei principi “giusti”, delle parole corrette, sempre però con un'“ombra” adeguata al contesto, amplificate e richiamate a mo' di ammonimento (a livello oratoriale...). Non mancano, soprattutto nel nostro presente patologicamente trattenuto, i fissati del professionalmente qualificato, sbattuti per un qualche motivo, spesso accidentale e incidentale, davanti alla telecamera o a una qualche modalità più “quotidiana” di ri-presa: uomini di scienza, così si dice, umana e non, con lo sconcerto mascherato di chi non capisce bene oppure sa che gli altri non capiranno ma che comunque sono certi che valga sempre la pena fare “di più” per assicurare – grazie! – un grande avvenire (quale?) a noi tutti.
Infine, per chiudere comunque provvisoriamente questa lista dei “nostri”, dei “miei”, non si possono dimenticare le sentinelle del dovuto concettualmente: non so, gli artisti dello schizzo teorico, dell'utilizzo vivace di un repertorio da storia – appunto – dei concetti. Se ne prende uno, lo si riqualifica in un tentativo il più intelligente possibile di comprensione di ciò che accade, pure drammaticamente. Soltanto che si rimuove il fatto che tutto questo è stato realizzato in anni difficili da altri studiosi. Ma questi non contano. Insegnano adesso, se va bene, in qualche scuola. Altri, pochissimi, sono ancora all'estero o in luoghi un po' misteriosi, di un quotidiano stranito, invecchiati e forse intristiti (anche se a volte non mancano alcuni riconoscimenti generosi, quelli che producono un minimo di letizia). Oppure se ne stanno chissà dove... certamente non sono passati attraverso tutte le camere di compensazione, estremamente comode, offerte da partiti, associazioni, salotti, lettini e poltrone, lobbies varie ecc. Sarà difficile rivederli su uno schermo, se non in immagini di repertorio: quelle che li hanno individuati a proposito delle loro “malefatte” in un passato ormai quasi incomprensibile. Ma si tratta di immagini che appaiono oggi sconsolatamente senza demoni di riferimento e dunque povere di appeal.