Postfordismo e oltre
Ubaldo Fadini

25.03.2023

Il testo che segue è tratto dalla postfazione di Ubaldo Fadini al volume curato dallo stesso Fadini e Adelino Zanini intitolato Postfordismo e oltre, Editrice Clinamen, Firenze 2023.

La formula della società che entra in fabbrica può essere articolata anche in termini che sottolineano come la qualifica ormai necessaria della fabbrica odierna sia quella della sua connessione. È in questo senso che si insiste ad esempio da qualche anno sulla sempre più imprescindibile messa sotto veste digitale del settore manifatturiero del nostro paese, ancora parte rilevante del sistema economico complessivo: le tecnologie di rete, il cosiddetto “internet delle cose”, la semiotica di Industria 4.0, sono in effetti da considerarsi come fattori di cambiamento tecnologico – da affiancare a leadership adeguate e responsabili, risorse reali, incentivi di vario tipo e competenze all’altezza – al fine di delineare visioni e strategie di innovazione del fare impresa e dell’ambito variegato del business, tra l’altro.

Il tema dell’Industria 4.0 è appunto ciò che può favorire la determinazione puntuale di politiche industriali che si orientano sull’innovazione digitale all’interno delle fabbriche, in relazione anche con quelle competenze e best practices che si delineano nei territori di riferimento. In fondo, l’idea che si afferma è quella della messa a comune o della contaminazione/ibridazione, per via appunto digitale, del sistema delle imprese con il territorio complessivo, favorendo all’interno di quest’ultimo i processi di in/formazione e di affinamento di ciò che già si muove in sintonia con le progressioni del digitale stesso. È in questo senso che si può anche piegare la formula già richiamata traducendola in quella che individua l’entrata in società di una fabbrica connessa.

È questo il motivo, di impatto strategico rispetto al bisogno di accelerazione della crescita economica, sintetizzato chiaramente da Elio Catania: «Industria 4.0 vuol dire in realtà riprogettare il paese. L’impatto della fabbrica connessa è di una profondità senza precedenti. Travalica le mura delle industrie per impattare sulla società, sulla pubblica amministrazione, sulla cultura. Trasforma i modi di lavorare, di fare impresa, le relazioni industriali; richiede al sistema dell’istruzione nuovi obiettivi e modalità formative, esige infrastrutture sempre più efficienti, veloci, una logistica intelligente» 1.

È chiaro che l’evoluzione tecnologica, così richiamata nel suo valore/valere fondamentale, può trovare applicazioni differenti e con tempi diversi in un sistema di imprese di piccolo e medio profilo e che non si deve celebrarla retoricamente rimuovendo gli effetti di discontinuità che indubbiamente provoca: bisogna essere consapevoli in breve che «gli sviluppi nel campo della sensoristica, delle connessioni wireless, dell’Internet pressoché ubiqua, del cloud computing, dell’analisi dei big data, dell’intelligenza artificiale, della robotica collaborativa, della stampa 3D ..., se utilizzati congiuntamente, costituiscono condizioni abilitanti per modelli produttivi e di business totalmente nuovi» 2. Certamente è così, ma la questione, a partire dalla eventuale diversità degli accenti rispetto al rapporto fabbrica/società, è ancora quella di avere la necessaria lucidità politica per affrontare anche quelle “derive tecnologiche” che fanno sì che delle opportunità di breve termine si traducano in svantaggi di ogni tipo, elemento quest’ultimo che conferma come l’Industria 4.0 non risolva affatto tutti i problemi del sistema economico: tutt’altro, si sa ormai bene che se ne pongono pure di nuovi, che riguardano la sfera della privacy, della sicurezza informatica (con l’imporsi di questioni etiche assai delicate), dello svilupparsi di forme originali di alienazione e dell’aumento della disuguaglianza.

Oltre a tutto questo (e non è poco ...), resta da rimarcare la perdita crescente dei posti di lavoro, vale a dire quella disoccupazione tecnologica che concorre a lasciare nelle mani di gruppi ristretti di individui gli effetti benefici della stessa innovazione digitale. Questioni essenziali, sulle quali c’è già un dibattito acceso, particolarmente stimolante, contraddistinto anche dalla ricerca di pratiche di contrasto reale a tutte le negatività sopra elencate. Pratiche da coordinare sempre politicamente, in un senso che risulta effettivamente complicato da svolgere, a partire comunque dalla presa d’atto che ciò che sta accadendo, che si sta concretizzando, è dovuto alla sempre più evidente e inarrestabile entrata della società in ciò che ancora oggi è appunto possibile definire come “fabbrica”.


1E. Catania, Prefazione a L. Beltrametti, N. Guarnacci, N. Intini, C. La Forgia, La fabbrica connessa. La manifattura italiana (attra)verso industria 4.0, Milano, Guerini e Associati 2017, p.14. A proposito delle questioni della logistica approfitto di questo snodo del ragionamento per ricordare, in una prospettiva criticamente assai informata e attenta, il lavoro complessivo di S. Bologna: un esempio abbastanza recente ne è il suo Tempesta perfetta sui mari. Il crack della finanza navale, Roma, DeriveApprodi 2017.


2Cfr. L. Beltrametti, N. Guarnacci, N. Intini, C. La Forgia, La fabbrica connessa, cit., p.18.