Meditazioni Mediterraneo di Studio Azzurro
Raffaele Santoro
Studio Azzurro, Il colore dei gesti, installation view, Ph. Paola Verardi

09.01.2022

Il confine dei corpi, Sette cavalletti lignei e Il colore dei gesti sono le tre opere che scandiscono l’ambiente sensibile pensato da Studio Azzurro per inaugurare il nuovo spazio Think Tank di Monopoli (Bari).

Allestita in un ex architettura industriale, precedentemente utilizzata come deposito di carburanti, la mostra prende il titolo di Meditazioni Mediterraneo e si colloca all’interno della riflessione – avviata nel 2002 e gemellare al progetto Rivelazioni Mediterraneo – che cerca di riportare alla luce, quasi con fare archeologico, le contraddizioni di cui da sempre è teatro il Mare Nostrum: scontri e incontri, affinità e divergenze tra culture differenti.

Non è difficile notare, però, come i lavori esposti a Monopoli siano ben lontani da una prospettiva elegiaca verso il passato, rifiutando la ricerca di una perduta età dell’oro da cantare.

Le opere allestite da Studio Azzurro appaiono sotto forma di invito a puntare il nostro sguardo verso un futuro conscio sì delle proprie radici ma, soprattutto, impegnato a plasmare quella capacità dell’uomo di instaurare contatti con quanto lo circonda. Siano questi artefatti, paesaggi o altri uomini. Un invito, si diceva, a scoprire un’inedita, e forse ancora irraggiungibile, intimità e socialità.

Le Meditazioni di Napoli (2002) e Monopoli, al pari delle Rivelazioni Mediterraneo di Genova (2010) e Madrid (2014), tracciano come su una cartina geografica le tappe di un viaggio lungo i paesaggi del Mediterraneo. Un cammino i cui tasselli sono impressioni e colori, suoni e gesti, ricostruiti da Studio Azzurro servendosi dell’immagine tecnologica.

Seguendo tale prospettiva, all’interno dell’economia dell’ambiente sensibile la macchina espositiva – la mostra – diventa il luogo in cui l’immagine audiovisiva può assolvere ad un ruolo ben preciso: restituire allo spettatore quella particolare esperienza, contemporaneamente individuale e collettiva, che è il viaggio.

È questo il caso della prima installazione che compone Meditazioni Mediterraneo; un tappeto interattivo, Il confine dei corpi, su cui siamo invitati ad intraprendere un cammino che ci porterà a far emergere, dal buio iniziale della proiezione, una mappa che rappresenta il bacino mediterraneo. Ad attivare l’opera è il nostro passo oppure, più precisamente, il nostro corpo; ed è proprio un altro corpo ciò che il tappeto interattivo, una volta scoperta l’intera cartina geografica, ci restituisce.

Si tratta di un corpo ritratto mentre cerca, con tutte le proprie forze, di riemergere dal fango – e dal medium – che sembra tenerlo incatenato allo statuto e alla dimensione di pura immagine.

Studio Azzurro, Meditazioni Mediterraneo, exhibition view, Ph. Paola Verardi

Così Il confine dei corpi ci porta a muoverci, appena entrati nello spazio espositivo, verso il contatto e il confronto tra intimità e alterità; individualità e collettività.

L’entità con cui interagiamo a questo punto non è più un tappeto, un filtro mediale oppure una raffigurazione; bensì un corpo dotato di forza e intensità, volontà e aspirazioni, i cui tentativi di evasione si esauriranno però nel suo ritorno alla materia originaria: la mappa geografica, la terra e, dunque, l’organico.

Fortemente legato a Il confine dei corpi è il primo de I sette cavalletti lignei che compongono – misurandolo – lo spazio compreso tra il tappeto interattivo e il “teatro” de Il colore dei gesti, terza ed ultima opera in mostra.

Il primo cavalletto ligneo appare, infatti, l’unico ad essere dotato di una vera e propria natura funzionale in quanto equipaggiato, nella parte superiore, di un megafono da cui provengono voci, rumori, canti popolari o religiosi (come il richiamo islamico alla preghiera, l’Adhān).

Forme sonore nitide che si fanno, successivamente, confuse e indistinguibili sembrano dialogare con l’incertezza dei confini geografici scavati dalle fisicità proiettate ne Il confine dei corpi; tanto da poter considerare il cavalletto con altoparlante e il tappeto interattivo, dispositivi integrati della medesima installazione.

Le due tecnologie, insieme, danno vita ad un dialogo – tra suono e immagine – che può essere forse solamente abbozzato e indefinito; così come abbozzati e indefiniti appaiono, da secoli, i confini politici dinanzi alle migrazioni e agli scambi culturali resi possibili dal Mediterraneo.

Superato il primo dei cavalletti i restanti treppiedi, seppur monchi e privi della propria protesi tecnologica, ci guidano attraverso lo spazio espositivo dialogando con la parete sinistra dell’ex edificio industriale.

Qui sono installati sette pannelli che lasciano emergere, dal nero dello sfondo, fotografie e disegni, forme e colori, capaci di racchiudere in sé le orme del cammino compiuto. Attraverso i sette pannelli, lo spettatore è invitato a percorrere una nuova e, per certi versi, inedita esperienza di viaggio.

Studio Azzurro, Sette cavalletti lignei, installation view, Ph. Paola Verardi

Nei Sette Cavalletti Lignei l’esperienza non avviene più tramite il con-tatto tra carta geografica e corpo – come accade ne Il confine dei copri – ma attraverso l’immagine statica in grado di restituire il particolare, il frammento, del luogo e del paesaggio. Un contatto non più fisico ma ottico e, dunque, prettamente scopico in cui le associazioni tra diverse immagini ricostruiscono una sorta di Atlante warburghiano del pellegrinaggio lungo le coste mediterranee.

In questo modo i pannelli, appunti o scartafacci del viaggio in forma di fotografie e disegni, non solo anticipano alcuni frame delle immagini audiovisive de Il colore dei gesti ma – cosa ancor più importante – ricostruiscono l’idea di un camminamento.

Con prassi filologica, infatti, Studio Azzurro riflette su un percorso dove il viaggio – inteso come movimento tra le aree geografiche – si interseca e incontra un ulteriore cammino che dalla materia bruta, grezza, porta all’articolarsi delle forme e del senso. Delle forme di senso. In altri termini, l’iter che sfocia nell’atto generativo di cui l’arte è depositaria originaria.

Tale corrispondenza tra viaggio e processo creativo è confermata proprio dalla videoinstallazione che chiude il nostro pellegrinaggio: Il colore dei gesti. Qui sei schermi, l’uno di fianco all’altro, costruiscono un orizzonte artificiale – e tecnologicamente connotato – in cui lo spettatore familiarizza con le immagini in movimento catturate da Studio Azzurro durante le diverse tappe nel Mediterraneo.

Studio Azzurro, Il colore dei gesti, Ph. Studio Azzurro