Ecologia ed economia
L'epifania del sacro
Giorgio Libero Sanna
12.03.2023
Il testo che presentiamo, Ecologia e economia, è l'introduzione al volume L'epifania del sacro. Saggio sulla "dimensionalità originaria" e sull'inevitabile collasso energetico della civiltà industriale, di Giorgio Libero Sanna, edito da Albatros.

Ecologia ed economia: introduzione


Nell'epoca dell'avvento dell'ineluttabile e devastante collasso energetico della cosiddetta "civiltà industriale", che comporterà una notevole riduzione della popolazione umana, il fine primario che il presente scritto si propone è quello di esprimere e comunicare una comprensione della "dimensionalità originaria", quella forma primordiale di energia, meta-fisicamente indeterminata e inosservabile, accessibile alla comprensione umana solamente in via indiretta mediante le sue forme basilari fisicamente determinate e osservabili (energia di massa, a riposo, e cinetica delle particelle materiali, energia dei quanti di radiazione, derivante dalla dissipazione di una parte dell'energia di massa nella formazione dei legami chimici e nucleari e dalla dissipazione di una parte dell'energia cinetica nell’oscillazione e nel frenamento delle particelle materiali cariche elettricamente, nonché energia dei campi gravitazionale, elettromagnetico e nucleare).

Infatti, anche se la "dimensionalità originaria" non può essere osservata dall'uomo e, quindi, rimane oltre la fisica (fonda la fisica ma è essa stessa meta-fisica), ciò non significa che non se ne possa reperire la nitida “impronta” nella struttura concettuale portante della fisica, come vedremo meglio soprattutto nel paragrafo dedicato alla cosmologia.

Si può già ora anticipare che il nucleo concettuale fondamentale della fisica, è costituito – come evidenzia il fisico teorico ed epistemologo Franco Selleri – dal "potentissimo" teorema di Noether (1) e, quindi, dalle leggi di conservazione della quantità di moto e dell'energia (2) applicate alle quattro tipologie di interazioni fisiche (gravitazionale, elettromagnetica, nucleare e debole) sperimentate in natura tra le cinque tipologie di particelle elementari stabili (elettrone, protone, neutrone, neutrino e fotone).

A detto nucleo concettuale si devono aggiungere – come evidenzia Selleri (3) – altre due importanti leggi di conservazione che hanno avuto un'ampia verifica sperimentale: la legge di conservazione della carica elettrica e della carica nucleare (ovvero del numero barionico).

Infine, si devono necessariamente ritenere operanti, a livello cosmologico, altre due fondamentali leggi di conservazione: la legge di conservazione della carica elettrica totale neutra e della parità tra materia e antimateria. Queste due ulteriori leggi di conservazione sono assolutamente necessarie al fine di rispondere alla domanda, rimasta ancora oggi – come evidenzia Selleri (4) – senza risposta, del perché esista l'antimateria, configurando, così, un’origine dell’universo che si dispiega nella “dimensionalità originaria” nel rigoroso ed assoluto rispetto delle leggi di conservazione della quantità di moto e dell’energia. Ci si soffermerà sulla questione nel paragrafo dedicato alla cosmologia,

Non sarà, quello proposto, un obiettivo facile da raggiungere in quanto la quasi totalità degli uomini, compresi gli specialisti nelle discipline scientifiche, è dominata e soggiogata da una vera e propria coazione a pensare in modo antropomorfico ed antropocentrico.

In particolare, come verrà evidenziato nella prima parte del libro, la grande maggioranza dei fisici (e, cioè, dei cultori di quella che è considerata la scienza fondamentale della natura) aderisce ad una subdola e pervasiva forma di ideologia matematica, antropomorfica e antropocentrica, che si può denominare – seguendo l'epistemologo Rocco Vittorio Macrì (5) – "neopitagorismo".

Il dominio del “neopitagorismo” nell'attuale formulazione del paradigma dominante in fisica è all'origine – volendo usare le parole di Selleri (6) – di quei veri e propri “rigurgiti” di antropomorfismo e antropocentrismo, rappresentati dalle due principali, aberranti ideologie matematiche "neopitagoriche", a tutt'oggi diffuse nella grande maggioranza dei fisici e degli altri scienziati naturali: l'interpretazione probabilistica della seconda legge della termodinamica e l'interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica, alle quali si deve, poi, aggiungere l'interpretazione relativistica del principio di relatività, avente anch'essa alla base un(') evidente approccio ideologico ai dati sperimentali.

Al contrario, il presupposto dell'assoluta e rigorosa vigenza, in natura, delle suddette fondamentali leggi di conservazione consente di elaborare una "immagine del mondo" – nel senso wittgensteiniano del termine (7) – intuitiva e perspicua e, quindi, comprensibile, esprimibile e comunicabile con un elevato grado di intersoggettività e di gettare nella discarica della storia della scienza quelle interpretazioni delle teorie fisiche basate sugli oscuri concetti di "probabilità" calcolate a priori, su cui si fonda l'interpretazione probabilistica della seconda legge della termodinamica, e di "(onde di) probabilità" misurate a posteriori, su cui si fonda l'interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica.

Sono i fisici che hanno formulato il paradigma di Copenaghen, quasi tutti animati – come evidenzia Selleri (8) – da ideologie spiritualiste, che più di tutti hanno scientemente cercato di cancellare la “sacra orma” della “dimensionalità primordiale” impressa nella struttura concettuale portante della fisica, tentando innanzitutto – come evidenzia sempre Selleri (9) – di negare la vigenza delle due fondamentali leggi di conservazione della quantità di moto e dell’energia nei processi microscopici e che, messi di fronte ai risultati sperimentali, comprovanti l’assoluta e rigorosa vigenza anche in detti processi (come l’effetto Compton (10)), si sono adoperati nel tentativo di annacquarne il rigore causalistico e deterministico – da essi stessi riconosciuto e mal sopportato (11) – con l’introduzione di una oscura e inosservabile “onda di probabilità” che si evolve deterministicamente nel tempo (12). In realtà, detto tentativo di annacquamento, come si vedrà nei paragrafi dedicati alla cinematica e alla meccanica quantistica, si è tradotto in una subdola violazione delle suddette leggi di conservazione ed in particolare della legge di conservazione della quantità di moto.

Ma(,) la “sacra orma” della “dimensionalità originaria”, nella struttura concettuale portante della fisica, è stata resa scarsamente “visibile” anche con l’introduzione – senza una precisa intenzionalità di negare le due fondamentali leggi di conservazione ma con la piena consapevolezza della sua estraneità alle medesime leggi – dell’interpretazione probabilistica della seconda legge della termodinamica, la presunta legge di entropia, in un vortice di sconcertante confusione concettuale e incongruenza logica, emblematicamente ammessa persino da fisici del tutto proni al paradigma dominante – come Carlo Rovelli (13) – e che è stata ben evidenziata dal matematico, epistemologo ed economista ecologico Nicholas Georgescu-Roegen (14). Sulla suddetta, presunta legge fisica ci soffermeremo nei paragrafi dedicati alla cinematica e meccanica classica e alla termodinamica, per evidenziare, ancora una volta, la sua palese incompatibilità con le due fondamentali leggi di conservazione e, in particolare, con la legge di conservazione della quantità di moto.

L’energia, nelle sue varie forme determinate ed osservabili (di massa a riposo e cinetica, dei quanti di radiazione e dei campi), si può considerare – come evidenzia Selleri (15) – la dimensione fondamentale della fisica, l’essere (l’essenza) di tutti gli (ess)enti, e determina necessariamente, in ogni momento, l’evoluzione storica degli enti fisici fondamentali (particelle materiali, quanti di radiazione, campi) che costituiscono l’universo. E la struttura concettuale portante della fisica afferma, in sostanza, che l’universo è costituito da forme di energia determinate ed osservabili.

L'universo osservabile non è altro che il complesso delle particelle materiali che interagiscono fisicamente tra di loro mediante i campi in base alle loro proprietà fisiche (massa, carica elettrica e nucleare) e dei quanti di radiazione. Nell'ambito di dette interazioni fisiche rientrano anche quelle che vengono denominate "osservare (vedere, toccare)", "misurare" e contare". Infatti, "conoscere" fisicamente consiste, innanzitutto – come vedremo meglio nel prosieguo – nell'interagire fisico tra enti fisici, alcuni dei quali vengono denominati "strumenti di osservazione (visione, toccamento), misura e conteggio".

Come già detto, l'evoluzione delle forme di energia osservabili – l'energia di massa (a riposo) e cinetica delle particelle materiali, l'energia dei quanti di radiazione (derivante da una parte dell'energia di massa dissipata nella formazione dei legami chimici e nucleari e da una parte dell'energia cinetica dissipata nell’oscillazione e nel frenamento delle particelle materiali cariche) nonché l'energia dei campi (gravitazionale, elettromagnetico e nucleare) – nella inosservabile “dimensionalità originaria” è governata da precisissime leggi matematiche che sono principalmente le leggi di conservazione della quantità di moto e dell'energia. L'applicazione di dette leggi alle forme di energia che costituiscono l'universo porta ad una graduale ed irreversibile dissipazione della stessa energia da forme concentrate a forme disperse. Ciò provoca un graduale collasso dei sistemi fisici che non possono evolversi senza essere alimentati da forme di energia concentrate.

Anche le società umane industriali sono nient'altro che sistemi fisici dissipativi e l'applicazione delle leggi di conservazione a detti sistemi porta a prevedere, con assoluta certezza, il loro devastante collasso energetico.

La descrizione matematica fondamentale dell’origine e dell’evoluzione di ciò che è fisicamente determinato ed osservabile nella “dimensionalità originaria” meta-fisicamente indeterminata ed inosservabile è di una semplicità concettuale tale che si può dire, con ragione, simplex sigillum veri. Ed è proprio, secondo Heidegger, la «[…] semplicità», «[…] il pensare... semplice», «[…] il dire semplice» (16) la caratteristica fondamentale del «[…] pensiero essenziale» (17), quello che pensa «[...] la verità dell’essere» (18) intesa come verità di «[...] quella dimensionalità che è l’essere stesso» in cui «[…] tutto ciò che è spaziale dispiega la sua essenza» (19).

Altro di sufficientemente chiaro e preciso e, soprattutto, di osservabile (visibile, toccabile), misurabile e contabile, nonché calcolabile, non si può dire.

Se la prima parte del libro è dedicata all'analisi epistemologica della struttura concettuale portante della fisica, la seconda parte è dedicata all'analisi, su basi fisiche, del processo economico e dell'inevitabile collasso energetico della civiltà industriale, che la distruzione dell'intuitività e perspicuità concettuale della fisica – operata dalle suddette aberranti ideologie "neopitagoriche" – ha contribuito ad occultare alle menti della maggior parte degli uomini.

Già nei primi anni ‘70 del secolo scorso il collasso energetico delle civiltà industriali era stato previsto da Nicholas Georgescu-Roegen (20) e più recentemente da altri autori, tra i quali Richard Heinberg (21), Geremy Leggett (22), Lester R. Brown (23), Ugo Bardi (24), Dmitry Orlov (25) e James H. Kunstler (26). Peraltro, tutti questi studiosi pongono alla base della spiegazione fisica di detto collasso la cosiddetta "legge di entropia" ovvero la "interpretazione probabilistica della seconda legge della termodinamica".

Ebbene, ciò che si intende dimostrare in questo scritto è che per prevedere il collasso energetico non è necessario scomodare un'oscura legge naturale (come la definisce lo stesso Georgescu-Roegen (27)) come la "legge di entropia", basata su concetti palesemente antropomorfici e antropocentrici, come quello di "probabilità" calcolata a priori, scaturiti dalla chimerica aspirazione dei biscazzieri di tentare di prevedere, mediante detto calcolo, i risultati dei giochi d'azzardo o come quelli di "ordine e "disordine" fisico.

Infatti, si deve ribadire, ancora una volta, che le due fondamentali leggi di conservazione della quantità di moto e dell'energia – applicate alle quattro tipologie di interazioni fisiche (gravitazionale, elettromagnetica, nucleare e debole) sperimentate in natura tra i cinque tipi di particelle elementari stabili (elettrone, protone, neutrone, neutrino e fotone) in base alle loro tipologie di proprietà fondamentali (massa, carica elettrica, carica nucleare e carica debole) – consentono di predire con assoluta certezza, mediante semplici calcoli energetici, che il destino della civiltà industriale è quello di essere distrutta da un devastante collasso energetico.

Pertanto, l'originalità di questo scritto non risiede nella previsione dei tempi del collasso energetico delle civiltà industriali e delle sue modalità – su cui altri autori, come quelli sopra citati, si sono soffermati con ben altra competenza ed efficacia – bensì nell'immagine del mondo fisico che esso formula per la prima volta in assoluto – per quanto è dato sapere – in maniera rigorosamente intuitiva e perspicua, quale contesto di detto collasso e della sua inevitabilità.

Peraltro, il presente tentativo di comprendere, esprimere e comunicare la struttura fisica del processo economico – così come essa emerge dalla rigorosa applicazione delle leggi di conservazione della quantità di moto e dell'energia alle interazioni fondamentali tra le particelle elementari che costituiscono tutti gli enti fisici – ha il vantaggio di svolgersi agli inizi dell'epoca dell'ineluttabile e devastante collasso energetico della civiltà industriale.

L'umanità, nella prima decade del nuovo millennio, si è inoltrata irrevocabilmente nella fase iniziale del declino energetico del sistema economico mondiale, basato sulla produzione industriale dei beni di consumo – copiosamente alimentata dai combustibili fossili – così come previsto da Nicholas Georgescu-Roegen in base a ragionamenti e calcoli puramente fisici, energetici, ancor prima degli studi sui limiti dello sviluppo intrapresi dal MIT sotto l'impulso del cosiddetto “Club di Roma”, nei cui confronti Georgescu-Roegen era, peraltro, assai critico (28). Detto declino ha iniziato a palesarsi nell'assoluto silenzio dei mass media che, a dire il vero, non hanno ricevuto, in proposito, alcun avviso da parte della comunità accademica degli economisti, la quale, salvo assai esigue e lodevoli eccezioni – come quella di Georgescu-Roegen – è completamente conformata all'ossequio del “paradigma dominante” nella loro disciplina, quello cui aderisce la grandissima maggioranza degli specialisti e degli studiosi e che viene, perciò, insegnato nelle università come l'unico degno di apprendimento.

Un paradigma che – come è stato efficacemente sottolineato da Georgescu-Roegen (29) – viene “predicato” con arroganza e presunzione nei più elevati ambienti intellettuali nonostante sia nient'altro che un'ideologia, in quanto tale estranea a qualsiasi criterio di scientificità.

L'assenza di scientificità del paradigma economico dominante ha origini ben note in quanto – come evidenziato magistralmente da Georgescu-Roegen – deriva dalla misconoscenza, da parte degli economisti, della centralità della struttura concettuale portante della fisica nella formulazione dei fondamenti concettuali dell'economia, il che fa dell'economia convenzionale, appunto, una sorta di meta-fisica.

E quando, un giorno, ci si chiederà come mai così tante persone di elevato livello intellettuale e culturale non sono state in grado di prevedere l'imminente collasso energetico della civiltà industriale, risulterà evidente il pervasivo inquinamento ideologico insito nel paradigma economico dominante.

Peraltro, mentre la suddetta situazione non desta particolare meraviglia in economia – dal momento che questa presunta disciplina scientifica è sempre stata nient'altro che un'accozzaglia di ideologie spesso in veemente contrasto tra di loro – la stessa situazione risulta particolarmente sconcertante e del tutto inaccettabile per la fisica e le altre scienze naturali, la cui comunità di specialisti – salvo limitate eccezioni come quella sopra menzionata del MIT – ha completamente ignorato, e seguita ad ignorare, la problematica dei fondamenti fisici dell'economia e le sue ricadute sui limiti dello sviluppo economico oppure ha dato manforte agli economisti nello sminuirne la rilevanza e la portata in quanto anch'essa pervasa da un'insulsa ideologia tecno-ottimista, basata sulla convinzione che il progresso scientifico e tecnologico sarà sempre in grado di superare qualsiasi limite naturale che si frapponga ad una continua espansione dello sviluppo economico.

Infatti, come vedremo meglio nella seconda parte del libro, la grandissima maggioranza dei suddetti specialisti si è completamente conformata – per usare le parole di Selleri (30) – ad uno “sgangherato atteggiamento scientista” che la induce ad ignorare totalmente la fondamentale distinzione – evidenziata da Georgescu-Roegen (31) – tra "tecniche fattibili" ("feasible recipes") e "tecnologie autosostenentesi" ("viable technologies").

Nel desolante contesto culturale sopra evidenziato, l'avvento del collasso energetico della civiltà industriale si presenta, quindi, come il momento storico “ideale” per giungere ad una resa dei conti “epocale” con il suddetto paradigma dominante, sia nel senso che detta resa dei conti sarà definitiva e conclusiva, sia nel senso che essa viene effettuata all'inizio di una nuova epoca storica nell'ambito della quale diverranno finalmente manifesti i fondamenti ecologici (fisici, chimici, biologici, geologici e astronomici) dell'economia, essendo il sistema economico solamente un esiguo sottosistema del sistema ecologico.

Infatti, se la presente operazione culturale fosse stata intrapresa in altri tempi, essa avrebbe avuto lo stesso deprimente esito di altre operazioni similari come quella portata avanti, coraggiosamente e in solitudine, da Nicholas Georgescu-Roegen a partire dagli inizi degli anni ‘70 del secolo scorso.

Nel caso migliore questa operazione sarebbe stata accolta con accondiscendente sufficienza, ma in genere – come lamenta lo stesso Georgescu-Roegen – sarebbe stata ignorata oppure derisa e screditata dai patrocinatori del paradigma dominante.

Peraltro, nell'epoca che sta avendo inizio, queste persone, che detengono il potere accademico e culturale, non saranno più in grado di svolgere la loro opera di derisione e di discredito nei confronti di coloro che intendono operare, una volta per tutte, l'eradicazione dal discorso economico del suddetto paradigma per giungere finalmente – nell'ambito di una non più contestabile centralità della struttura concettuale portante della fisica, così come essa emerge dall'esposizione critica del pensiero epistemologico di Franco Selleri – ad una descrizione del processo economico come mero sottosistema di quello ecologico.

Queste persone infatti – anche ammesso che continuino a propugnare ostinatamente il loro paradigma – col progredire degli eventi di devastazione e disgregazione delle società in cui vivono e operano, avranno ben altro a cui pensare che deridere e screditare coloro che, come Georgescu-Roegen, hanno efficacemente decritto quale sia la realtà fisica dell'uomo e del mondo in cui vive ed opera, ben diversa dalla rappresentazione ideologica che ne fanno gli esponenti del suddetto paradigma.

Molti di costoro infatti, avranno perso il loro lavoro, ben remunerato, di docenti universitari, di professionisti e di consulenti al servizio di governi ed imprese e saranno costretti a darsi da fare per sopravvivere in una società in cui sarà già un successo riuscire a procacciarsi il cibo e a soddisfare gli altri bisogni essenziali per riuscire a condurre una vita di mera sussistenza, vittime proprio di quegli eventi che, mediante il loro paradigma, tendevano a negare o sminuire.

La struttura concettuale portante della fisica – depurata dagli inquinamenti antropomorfici e antropocentrici propri dell'ideologia matematica "neopitagorica" – ci evidenzia che il destino di tutti i sistemi fisici dissipativi, uomini compresi, è determinato dall’energia, dalla “dimensionalità originaria” in cui essi si evolvono, e che, quindi, il destino oramai prossimo (molto prossimo) degli uomini e delle loro società industriali, in quanto sistemi energetici dissipativi, è quello di essere devastati e in gran parte distrutti dal collasso energetico di detti sistemi. La descrizione scientifica di ciò che è osservabile (vedibile, toccabile), misurabile, contabile e calcolabile nell'universo, ci mostra che qualsiasi stato ed evento – compresi gli stati e gli eventi umani – per poter stare ed avvenire nel mondo, deve essere sostenuto da un flusso adeguato di energia disponibile ad effettuare lavoro in senso fisico (e cioè tale da consentire il persistere di un determinato stato fisico o l’accadere di un determinato evento fisico) e che, peraltro, l'energia disponibile ad effettuare un lavoro, nel tempo, si dissipa, disperdendosi irreversibilmente nello spazio proprio per effetto, si ribadisce ancora una volta, delle leggi di conservazione della quantità di moto e dell'energia applicate alle interazioni fondamentali delle particelle elementari.

Purtroppo (o per fortuna) la gigantesca bolla di energia fossile, oramai in gran parte dissipata, che ha alimentato lo sviluppo della cosiddetta civiltà industriale, si sta contraendo e sta, perciò, manifestando, dopo quasi un secolo, gli inevitabili rendimenti decrescenti in termini di EROEI (il rapporto tra l'energia impiegata per la produzione di energia e quella ottenuta e disponibile all'uso) e cioè in termini di energia netta che giunge alla società per alimentare l'attività economica, la quale – come mette egregiamente in evidenza Georgescu-Roegen – è anch'essa un evento fisico che per accadere ha bisogno di flussi adeguati di energia.

La diminuzione del flusso di energia porterà ad una inevitabile contrazione delle attività economiche e, in particolare, ad una forte contrazione della produzione agricola, dato che l’elevata produttività dell'agricoltura meccanizzata – che ha consentito l'attuale sviluppo demografico – si basa su elevati flussi di energia fossile. La contrazione della produzione agricola comporterà, come già detto, un notevole decremento dell’attuale popolazione mondiale, dato che l'agricoltura alimentata dalla sola energia solare non può sfamare più di due miliardi di persone e, cioè, all'incirca il numero di uomini che viveva sulla Terra prima della rivoluzione industriale alimentata dai combustibili fossili.

Il collasso energetico della civiltà industriale è, quindi, un dato fisicamente, energeticamente certo – come del resto tutti gli eventi fisici che si basano su calcoli energetici – al netto ovviamente di eventuali imprecisioni nello stabilire la progressione temporale degli eventi a cagione dell'incertezza dei dati disponibili sull'ammontare delle risorse energetiche fossili.

Come evidenzia Georgescu-Roegen (32), l'uomo non è in grado, per costituzione biologica, come tutti gli animali, di elaborare progetti a lungo termine al fine di preservare la sua stessa specie. Ciò che si sarebbe dovuto fare, all'uopo, già circa 40 anni fa non è stato fatto e, quindi, il devastante collasso energetico della civiltà industriale – con conseguente forte decremento della popolazione mondiale – non è più evitabile.

La rappresentazione fisica, energetica degli eventi umani – in particolare degli eventi economici – formulata da Georgescu-Roegen, da qualche tempo si sta diffondendo sia tra gli economisti sia tra gli scienziati naturali e, in particolare, tra quelli che si occupano della teoria dei sistemi termodinamici dissipativi, ma rimane comunque largamente minoritaria e insignificante – rispetto alla diffusione del paradigma dominante – a causa dell'irresistibile coazione naturale che induce gli uomini a pensare prevalentemente in maniera antropomorfica e antropocentrica.

L’unico modo per cercare di sfuggire a detta coazione è quello di formulare una “immagine del mondo” il più possibile scevra da antropocentrismi e antropomorfismi, espungendo dalla teoria fisica le varie ideologie matematiche “neopitagoriche” – basate, come già detto, sull'oscuro concetto di "probabilità" calcolate a priori e di "(onde di) probabilità" misurate a posteriori – di cui è stata vergognosamente infarcita (e, cioè, “l’interpretazione probabilistica della seconda legge della termodinamica”, la “legge di entropia”, e “l'interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica” a cui si deve aggiungere un'altra interpretazione ideologica dei dati sperimentali, “l’interpretazione relativistica del principio di relatività”).

L'attività scientifica di Nicholas Georgescu-Roegen, uno dei più grandi pensatori di tutti i tempi che presto avrà, per le sue opere, il riconoscimento che merita nella storia del pensiero scientifico, appare, quindi, fondamentale al fine di evidenziare le ineludibili basi ecologiche dell'economia. Nei suoi scritti fondamentali egli sottolinea come il problema della limitatezza delle risorse sia del tutto trascurato non solo tra gli economisti in generale, ma anche negli ambienti scientifici (33). Georgescu-Roegen si riferisce, in particolare, al problema della limitatezza di quelle risorse naturali che sono denominate "fonti energetiche", problema che risulta del tutto assente nei modelli economici elaborati dagli aderenti al paradigma dominante in economia nonostante la natura essenzialmente energetica e, quindi, dissipativa di tutti i sistemi fisici, di cui i sistemi economici fanno pienamente parte.

Per cercare di comprendere e prevedere – principalmente attraverso l'ecologia e l'economia – quale possa essere, nelle sue linee fondamentali, il futuro dell'uomo è fondamentale essere consapevoli della natura essenzialmente "energetica" e, quindi, "dissipativa" di tutti gli stati e gli eventi fisici, del puro fluire continuo e incessante dell'energia, che sostiene, dissipandosi, lo stare di qualsiasi stato e l'avvenire di qualsiasi evento.

Prima di esaminare le implicazioni sull'economia della natura essenzialmente energetica e dissipativa dell'universo è il caso di svolgere alcune considerazioni storiche preliminari.

Se per eco-nomia si intende – nella sua accezione originaria smithiana (34) – la scienza del governo, dell'amministrazione della "casa" dell'uomo - lo “spazio geografico” (35) e, quindi, fisico in cui si svolge il suo soggiornare e abitare – allora l'eco-logia può essere intesa come la scienza naturale che studia la struttura fisica di questa “casa” in cui si svolgono le attività dell'uomo, comprese le attività economiche.

I concetti fondamentali di “terra” (la natura e le sue risorse agricole, forestali, idriche, minerarie) e “lavoro” (dell’uomo) come fonti fisiche originarie della produzione di beni economici, che stanno alla base dell'economia classica, consentono di considerare gli economisti classici come i primi economisti che hanno posto alla base dell’economia una seppur embrionale ecologia.

È stata, infatti, l'economia classica ad evidenziare che il lavoro dell'uomo applicato alla natura è all'origine fisica della ricchezza e quindi dei beni economici, cioè degli oggetti, appunto fisici, che l'uomo produce per soddisfare i propri bisogni.

Ma, come rammenta Georgescu-Roegen (36), meglio ancora degli economisti classici e più chiaramente di loro, William Petty osservò acutamente che "labor is the father and nature the mother of value".

E quelli che socialmente – e quindi con un elevato grado di intersoggettività – vengono valutati come beni economici, e cioè oggetti fisici che hanno un valore d'uso socialmente riconosciuto e che Georgescu-Roegen – come vedremo meglio nel prosieguo – denomina “organi esosomatici”, non ci piovono dal cielo ma sono, appunto, prodotti col nostro sforzo psico-fisico, derivano cioè dal dispendio delle nostre energie corporee, mentali e muscolari, applicate alle fonti naturali di materia e di energia che costituiscono il mondo fisico circostante e che, a differenza degli “organi endosomatici”, certamente non sono “a natural, indissoluble property of the individual person” (37).

A partire dalla rivoluzione industriale, la produzione di beni avviene normalmente con il lavoro delle macchine – anch'esse comunque prodotte col lavoro dell'uomo applicato alla natura – alimentate con combustibili fossili (e quindi con energia termica derivante da reazioni chimiche). Tuttavia, anche il lavoro, in senso fisico, delle macchine comporta l'impiego di materia ed energia. Senza materia e senza lavoro in senso fisico, e quindi senza energia, non c'è produzione. E i concetti di "materia" ed "energia" costituiscono, infatti, i concetti fondamentali della fisica e, quindi, dell'ecologia.

Gli economisti classici non credevano in una crescita senza limiti del sistema economico in quanto sapevano bene che l'uso delle risorse naturali, agricole e minerarie, per le attività economiche e sociali è fisicamente limitato dai loro rendimenti decrescenti che sono il limite fisico invalicabile per lo sviluppo futuro del sistema economico. La teoria classica, quindi, era una teoria economica che aveva una seppur embrionale base fisica.

Nell'ambito dell'economia classica, la teoria dei rendimenti decrescenti del fattore “terra”, applicata inizialmente solo al terreno agricolo, è stata formulata da Ricardo e Malthus (e ve ne sono degli accenni anche nell’opera di Smith).

Ricardo e Malthus preconizzano la fine del capitalismo a causa dei rendimenti decrescenti dei terreni agricoli e il raggiungimento del cosiddetto stato stazionario – tanto caro agli ecologisti e menzionato anche dal Club di Roma – come auspicabile esito della fine dello sviluppo a cagione dei limiti fisici del pianeta.

In seguito Stuart-Mill applicò la teoria dei rendimenti decrescenti alle miniere di carbone, avendo notato che già alla sua epoca l'estrazione del carbone era assai più costosa – in termini energetici (e quindi economici) – rispetto al passato, in quanto il carbone più facile da estrarre era oramai in via di esaurimento e quello che veniva estratto al suo tempo richiedeva per l’estrazione più carbone di quanto ne richiedesse prima. Questa intuizione di Stuart-Mill non è altro che l'attuale criterio scientifico dell'EROEI con cui si misura la cosiddetta energia netta (al netto cioè di quella impiegata per produrla).

Il successivo avvento del petrolio e del gas metano, come fonti di energia fossile, ha consentito lo sviluppo dell’agricoltura industriale. Ma anche il petrolio e il gas metano stanno manifestando attualmente segni di esaurimento e di forti rendimenti decrescenti, esattamente come accadde al carbone inglese all’epoca di Stuart-Mill. La produzione di energia, infatti, ha i suoi limiti nell’EROEI e cioè nell’energia netta prodotta per cui, affinché una fonte di energia sia economicamente utile, è necessario che per produrla non si utilizzi troppa energia o addirittura tanta quanta ne serve per produrla.

Il problema dei rendimenti decrescenti di qualsiasi altra risorsa mineraria è simile, anche se non identico, a quello dei combustibili fossili. Nel caso delle altre risorse minerarie, infatti, come ben evidenzia Georgescu-Roegen (38), il limite della loro utilità economica risiede non solo nella loro quantità finita ma anche nella loro “accessibilità” e cioè nel costo energetico dell’estrazione. Dovrebbe essere evidente, infatti, che il costo energetico dell’estrazione di un minerale da siti minerari a bassa concentrazione è ben diverso da quelli in cui la concentrazione è elevata. Di rame, per esempio, ce n’è una marea nella crosta terrestre, ma solo in certi punti di essa è sufficientemente concentrato da poter essere estratto senza utilizzare una quantità di energia spropositata che dovrebbe, perciò, essere sottratta ad altri impieghi. Parimenti non sono accessibili, al fine di rifornire di materie prime le attività industriali di produzione di beni di consumo e servizi, i minerali che si trovano sul suolo lunare. Infatti, i costi energetici e materiali di una simile operazione la renderebbero un puro spreco di energia e materia, priva quindi di utilità e rilevanza economica.

È del tutto evidente, quindi, che l'uomo, con la scoperta dei combustibili fossili, non ha fatto altro che affiancare all'energia fornita dalle radiazioni solari e immagazzinata attraverso il meccanismo della fotosintesi clorofilliana, da cui dipende in ultima analisi la vita di tutti gli esseri viventi, l'energia tratta prima dal carbone e poi dal petrolio e dal gas metano, energia che ha consentito lo sviluppo della civiltà umana e l'espansione abnorme della popolazione mondiale, proprio in quanto con questa fonte aggiuntiva di energia sono stati aggirati i rendimenti decrescenti dei terreni agricoli.

L’attuale crisi finanziaria e l'esplosione del debito pubblico e privato non sono altro che un effetto indiretto dell'aumento dell'EROEI nonché un tentativo di compensare, con l'indebitamento, la contrazione dei flussi di energia netta e la conseguente contrazione delle attività economiche e quindi dei redditi. Il sistema monetario e finanziario globale, per quanti escamotage possa tentare di attuare per prolungare l’agonia, non potrà mai sopperire al declino dell'EROEI e opporsi alla dittatura delle leggi della fisica.

La contrazione della gigantesca bolla di energia fossile, estratta dalle viscere della terra, che ha consentito lo sviluppo della civiltà industriale per oltre un secolo, sta, quindi, determinando la conseguente contrazione delle attività economiche che alimenta e nell’attuale crisi finanziaria si stanno manifestando le devastanti conseguenze, per quei fragili sistemi termodinamici dissipativi che sono i sistemi economici, dei rendimenti decrescenti (in termini di EROEI) dell'energia fossile.

Come previsto da Richard Duncan (39) nell’ambito della sua “Teoria di Olduvai”, formulata nel 1989, la contrazione dei flussi di energia fossile comporterà dei “blackout” nell’erogazione dell’energia elettrica sempre più diffusi e frequenti (nel mondo, la grandissima maggioranza delle centrali elettriche è, infatti, alimentata con combustibili fossili: carbone, gas e petrolio). La fine della civiltà industriale, secondo la modellizzazione elaborata da Duncan, servendosi dei dati allora disponibili sulle fonti energetiche fossili, avrebbe avuto inizio nel 2012. Si può, ora, affermare, in base ai dati attualmente disponibili, che Duncan abbia errato la sua previsione di una dozzina d’anni e che i “blackout” nell’erogazione dell’energia elettrica avranno inizio, al massimo, entro il 2024.

E appare una singolare ironia della sorte la circostanza che, proprio nei tempi in cui si stanno manifestando i primi segnali dell'imminente collasso energetico – derivante dall'esaurimento dei combustibili fossili – venga continuamente proposta, dai mezzi d'informazione, la tesi secondo la quale i cambiamenti climatici terrestri deriverebbero dall'opera dell'uomo e principalmente dall'uso di detti combustibili e che, quindi, l'unica soluzione per evitare i paventati, catastrofici cambiamenti climatici sia quella di ridurne drasticamente il consumo.

Ebbene, che l'uomo possa influenzare meccanismi fisici verosimilmente intangibili alla sua azione, governati principalmente da variabili cosmologiche ben note agli scienziati e, cioè, l’attività solare, i mutamenti periodici dei moti della Terra mentre si muove intorno al Sole e i flussi di raggi cosmici (nonché, in maniera più limitata, dai fenomeni geologici), è tesi assai dubbia e coloro che la professano appaiono, per lo più, degli ideologi al servizio delle ipocrite élites che governano i paesi del mondo occidentale industrializzato e che pretendono che i paesi sottosviluppati cessino di utilizzare gli idrocarburi e i carboni fossili necessari per la loro crescita economica, la stessa di cui gli stessi paesi industrializzati hanno ampiamente beneficiato in passato.

A questi ipocriti e ai loro zelanti e queruli portavoce, che operano nei mezzi d'informazione, si può rivolgere una calorosa rassicurazione: non c'è bisogno di affannarsi per abbandonare i combustibili fossili poiché saranno essi stessi ad abbandonare l’uomo in tempi molto brevi.

Ma gli effetti desiderati di detto abbandono non saranno, propriamente, quelli propagandati dagli ideologi dell’ecologismo.

A questo punto appare opportuno esporre, nel prosieguo, i concetti fondamentali mediante i quali viene descritta la struttura fisica della “casa” in cui l'uomo abita e soggiorna, soffermandoci sulla loro analisi epistemologica al fine precipuo di evidenziare quali siano le fonti di energia presenti in natura che garantiscono l'esistenza dell'uomo e, attualmente, della civiltà industriale basata, oltre che sul lavoro dell'uomo, sul lavoro delle macchine.


1) Franco Selleri, La fisica senza dogma, Bari, 1989 (Edizioni Dedalo), pp. 164-165; Franco Selleri, Le forme dell'energia, Bari (Edizioni Dedalo), 2001, pp. 45-47;

2) Franco Selleri, Paradossi e realtà. Saggio sui fondamenti della microfisica, Bari (Laterza), 1987, p. 213; Franco Selleri, La fisica senza dogma, Bari (Edizioni Dedalo), 1989, pp. 163 e 236; Franco Selleri, Le forme dell'energia, Bari (Edizioni Dedalo), 2001 pp. 27, 43-44 e 137; Franco Selleri, Lezioni di relatività. Da Einstein all'etere di Lorentz, Bari (Progedit), 2003, p. 9; Franco Selleri, La relatività debole. La fisica dello spazio e del tempo senza paradossi, Bari (Edizioni Melquìades), 2011, p. 58;

3) Franco Selleri, Lezioni di relatività. Da Einstein all'etere di Lorentz, Bari, 2003 (Progedit), pp. 79, 83;

4) Franco Selleri, Paradossi è realtà. Saggio sui fondamenti della microfisica, Bari, 1987 (Laterza), p. 34;

5) Rocco Vittorio Macrì, I FLOP nella trattazione relativistica del tempo in AA. VV., La natura del tempo, a cura di Franco Selleri, Bari, 2002 (Edizioni Dedalo), pp. 251-300.

6) Franco Selleri, La fisica senza dogma, Bari, 1989 (Edizioni Dedalo), p. 203;

7) Ludwig. J. Wittgenstein, Della Certezza. L'analisi filosofica del senso comune, trad. it. Torino, 1978 (Einaudi), pp. 18, 19, 27, 29, 30, 35, 38.

8) Franco Selleri, Paradossi e realtà. Saggio sui fondamenti della microfisica, Bari, 1987 (Laterza), pp. 156, 162-164, 209-245; Franco Selleri, La fisica tra paradossi e realtà, Bari, 2001 (Progedit), p. 125-129;

9) Franco Selleri, Paradossi e realtà. Saggio sui fondamenti della microfisica, Bari, 1987 (Laterza), pp. 60, 131-132, 137; Franco Selleri, La fisica senza dogma, Bari, 1989 (Edizioni Dedalo) p. 237; Franco Selleri, La fisica del Novecento. Per un bilancio critico, Bari, 1999 (Progedit), p. 99; Franco Selleri, La fisica tra paradossi e realtà, Bari, 2001 (Progedit), pp. 107-108; Franco Selleri, Le forme dell'energia, Bari, 2001 (Edizioni Dedalo), p. 43;

10) Franco Selleri, Paradossi e realtà. Saggio sui fondamenti della microfisica, Bari, 1987 (Laterza), p. 137; Franco Selleri, La fisica tra paradossi e realtà, Bari, 2001 (Progedit), pp. 14, 119; Franco Selleri, Le forme dell'energia, Bari, 2001 (Edizioni Dedalo), p. 116;

11) Franco Selleri, Paradossi e realtà. Saggio sui fondamenti della microfisica, Bari, 1987 (Laterza), pp. 59, 135-136, 213; Franco Selleri, La fisica senza dogma, Bari, 1989 (Edizioni Dedalo) pp. 237-238; Franco Selleri, La fisica del Novecento. Per un bilancio critico, Bari, 1999 (Progedit), pp. 30, 99, 113-114; Franco Selleri, La fisica tra paradossi e realtà, Bari, 2001 (Progedit), pp. 14, 117; Franco Selleri, Le forme dell'energia, Bari, 2001 (Edizioni Dedalo), p. 77;

12) Franco Selleri, Paradossi e realtà. Saggio sui fondamenti della microfisica, Bari, 1987 (Laterza), pp. 58, 118; Franco Selleri, La fisica tra paradossi e realtà, Bari, 2001 (Progedit), p. 13;

13) Carlo Rovelli, La realtà non è come appare. La struttura elementare delle cose, Milano, 2014-2019 (Cortina Editore), p. 207;

14) Nicholas Georgescu-Roegen, The Entropy Law and the Economic Process, Cambridge, Massachusetts, 1971 (Harvard University Press), p. 159-169;

15) Franco Selleri, Paradossi e realtà. Saggio sui fondamenti della microfisica, Bari (Laterza), 1987, p. 16; Franco Selleri, La fisica senza dogma, Bari (Edizioni Dedalo), 1989, p. 236; Franco Selleri, Le forme dell'energia, Bari (Edizioni Dedalo), 2001 pp. 16, 138-139; Franco Selleri, La fisica tra paradossi e realtà, Bari (Progedit), 2001, p. 54; Franco Selleri, Lezioni di relatività. Da Einstein all'etere di Lorentz, Bari (Progedit), 2003, pp. 10, 178; Franco Selleri, La relatività debole. La fisica dello spazio e del tempo senza paradossi, Bari, 2011 (Edizioni Melquìades), pp. 58-59;

16) Martin Heidegger, Lettera sull’umanismo, in Segnavia, tr. it. Milano, 1987 (Adelphi), pp. 295, 313 e 315;

17) Martin Heidegger, Lettera sull’umanismo, in Segnavia, tr. it. Milano, 1987 (Adelphi), p. 268;

18) Martin Heidegger, Lettera sull’umanismo, in Segnavia, tr. it. Milano, 1987 (Adelphi), pp. 295, 313 e 315;

19) Martin Heidegger, Lettera sull’umanismo, in Segnavia, tr. it. Milano, 1987 (Adelphi), p. 287;

20) Nicholas Georgescu-Roegen, The Entropy Law and the Economic Process, Cambridge, Massachusetts, 1971 (Harvard University Press); Nicholas Georgescu-Roegen, Energy and Economic Myths, in Southern Economic Journal, Vol. 41, 1975, n. 3, pp. 347-381 (tr. it. Nicholas Georgescu-Roegen, Energia e miti economici, Torino, 1998, Bollati Boringhieri, pp. 39-92); Nicholas Georgescu-Roegen, Feasible Recipes Versus Viable Technologies, in Atlantic Economic Journal, XII, 1984, I, pp. 21-31 (tr. it. Nicholas Georgescu-Roegen, Bioeconomia, Torino, 2003, Bollati Boringhieri, pp. 192-210);

21) Richard Heinberg, La festa è finita. La scomparsa del petrolio, le nuove guerre, il futuro dell'energia, tr. it. Roma (Fazi Editore), 2004; Richard Heinberg, Senza petrolio. Il protocollo per evitare le guerre, il terrorismo e il collasso economico, tr. it. Roma (Fazi Editore), 2008;

22) Jeremy Leggett, Fine corsa. Sopravviverà la specie umana alla fine del petrolio? tr. it. Torino, 2006;

23) Lester R. Brown, Piano B 3.0. Mobilitarsi per salvare la civiltà, tr. it. Milano, 2008 (Edizioni Ambiente), nel quale rinnova previsioni già formulate nel suo precedente saggio: I limiti della popolazione mondiale, tr. it. Milano (Mondadori), 1974;

24) Ugo Bardi, La Terra svuotata. Il futuro dell'uomo dopo l'esaurimento dei minerali, Roma, 2011 (Editori Riuniti);

25) Dmitry Orlov, The five stage of the collapse, Philadelphia, Pennsylvania, 2013 (New Society Publisher);

26) James H. Kunstler, Collasso. Sopravvivere alle attuali guerre e catastrofi in attesa di un inevitabile ritorno al passato, tr. it. , 2005 (Nuovi Mondi Media);

27) Nicholas Georgescu-Roegen, The Entropy Law and the Economic Process, Cambridge, Massachusetts, 1971 (Harvard University Press), p. 159;

28) Nicholas Georgescu-Roegen, Energy and Economic Myths, in Southern Economic Journal, Vol. 41, 1975, n. 3, pp. 366-369;

29) Nicholas Georgescu-Roegen, The Entropy Law and the Economic Process, Cambridge, Massachusetts, 1971 (Harvard University Press), pp. 316-364; Nicholas Georgescu-Roegen, Energy and Economic Myths, in Southern Economic Journal, Vol. 41, 1975, n. 3, pp. 348-366;

30) Franco Selleri, La fisica senza dogma, Bari, 1989 (Edizioni Dedalo), p. 234;

31) Nicholas Georgescu-Roegen, Feasible Recipes Versus Viable Technologies, in Atlantic Economic Journal, XII, 1984, I, pp. 28-30;

32) Nicholas Georgescu-Roegen, Energy and Economic Myths, in Southern Economic Journal, Vol. 41, 1975, n. 3, pp. 376-377;

33) Nicholas Georgescu-Roegen, The Entropy Law and the Economic Process, Cambridge, Massachusetts, 1971 (Harvard University Press), pp. 316-322; Nicholas Georgescu-Roegen, Energy and Economic Myths, in Southern Economic Journal, Vol. 41, 1975, n. 3, p. 363;

34) Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino. Genealogie del ventunesimo secolo, tr. it. Milano, 2008 (Feltrinelli) p. 56;

35) Giovanni Arrighi, Adam Smith a Pechino. Genealogie del ventunesimo secolo, tr. it. Milano, 2008, p. 63;

36) Nicholas Georgescu-Roegen, The Entropy Law and the Economic Process, Cambridge, Massachusetts, 1971 (Harvard University Press), p. 280; Nicholas Georgescu-Roegen, Energy and Economic Myths, in Southern Economic Journal, Vol. 41, 1975, n. 3, p. 350;

37) Nicholas Georgescu-Roegen, The Entropy Law and the Economic Process, Cambridge, Massachusetts, 1971 (Harvard University Press), p. 308.

I giuristi romani avevano una profonda consapevolezza del fondamento giuridico della proprietà della terra e delle sue risorse e, cioè, del territorio che per loro si identificava con l'esercizio della "sovranità" dello Stato sul medesimo, la quale, a sua volta, trovava il proprio fondamento giuridico nella forza militare (in armis iura) e, quindi, nella occupatio bellica delle terre sottratte ai popoli vinti.

Infatti, per i romani la terra e le risorse naturali in essa presenti non essendo ab origine proprietà esclusiva di alcuno (res nullius) potevano essere oggetto di occupazione pacifica in assenza di altri popoli che vi risiedessero oppure di occupazione bellica a scapito dei popoli che vi risiedevano. Mediante tale atto di appropriazione con la forza delle armi, il territorio occupato diveniva ipso iure proprietà del populus Romanus e non poteva mai essere oggetto di appropriazione diretta da parte di un privato cittadino romano. La proprietà del territorio e il conseguente esercizio, sul medesimo, della sovranità dello Stato romano si esplicava negli atti negoziali (unilaterali o pattizi) di gestione del suddetto territorio, in conformità al proprio ordinamento giuridico, che rendeva legittima, e cioè secundum legem, l'eventuale concessione sul medesimo di diritti di usufrutto o di uso a singoli individui o all'intera comunità e, di conseguenza, rendeva legittima la proprietà delle materie prime ricavate dall'esercizio dell'usufrutto (prodotti agricoli, forestali e minerari) e dei manufatti (beni mobili e immobili) con esse costruiti.

Infatti, nell'antica repubblica romana la terra e le risorse naturali (agricole, forestali, idriche e minerarie) che in essa si trovavano era in netta prevalenza di proprietà pubblica (in determinati periodi storici l'ager publicus è arrivato a costituire all'incirca 80% dell'ager romanus) e veniva concessa in usufrutto o in uso a singoli cittadini (uti singuli) mediante la stipula di specifici contratti di costituzione di diritti di usufrutto o di uso (trasferibili a terzi con atti negoziali inter vivos o mortis causa) in cambio della corresponsione allo Stato di un canone periodico ovvero veniva concessa in uso comune (uti cives) all'intera cittadinanza, sulla base del presupposto che lo Stato si dovesse finanziare prevalentemente (se non esclusivamente) mediante atti di natura civilistica, unilaterali o pattizi, di gestione del proprio patrimonio e quindi, in primo luogo, di gestione del territorio su cui esercitava la propria "sovranità".

Peraltro, anche la proprietà privata della terra (l'ager privatus) sulla quale singoli cittadini romani esercitavano il dominium ex jure Quiritum (il nome che i romani davano al diritto di proprietà privata), come evidenziano molti studiosi di diritto romano, aveva i tratti originari dell'esercizio di un'antica sovranità.

A conferma di ciò, come sottolineano molti romanisti, v'è il fatto che i fondi limitati (di cui, cioè, era stato fissato il limes, il confine, mediante una solenne cerimonia religiosa, la limitatio, che lo rendeva, perciò, sacro al pari di quello dello Stato), di proprietà di cittadini romani, erano immuni da qualsiasi tributum e, cioè, esentati dal pagamento allo Stato di qualsiasi imposta fondiaria che i romani concepivano, appunto, solamente quale corrispettivo per l'uso o l'usufrutto del fondo medesimo. Il diritto quiritario di proprietà della terra era, quindi, all'origine, concepito come una sorta di sovranità, pur meno pronunciata rispetto a quella dello Stato, che una determinata tribus, gens o familia romana esercitava su un determinato territorio quando lo Stato romano e le sue istituzioni giuridiche erano ancora nella fase embrionale del loro sviluppo. In questa fase arcaica dello sviluppo della civitas romana, il gruppo tribale, gentilizio o familiare che era “sovrano” nel suo territorio, naturalmente, non doveva pagare corrispettivi a chicchessia per il diritto di uso o di usufrutto del medesimo. Questa antica concezione della proprietà della terra in quanto esercizio della “sovranità” su di essa si è poi traslata nel concetto classico di dominium ex iure quiritum del pater familias sulla medesima.

Infatti, come riporta il giurista romano Gaio, nelle antiche azioni di rivendica (reivindicatio mediante legis actio sacramento in rem) l'attore rivendicava la proprietà della terra (e anche di altre cose sia mobili che immobili) ponendo una verga, chiamata festuca, sulla terra rivendicata come propria e dichiarando appunto che essa era sua secondo il diritto dei romani (ex jure Quiritum meam esse aio).

Come spiega Gaio la festuca simboleggiava la lancia militare e l'atto di porla sopra la terra rivendicata rappresentava appunto l'occupazione bellica; era cioè il segno della legittima proprietà della terra (signo quodam iusti dominii) che per i romani traeva origine, appunto, dalla occupatio bellica.

Peraltro, Diocleziano, nel 292 d. c., sottopone all'imposta fondiaria, quale corrispettivo del diritto di usufrutto e di uso della terra, anche i fondi su cui veniva esercitato il dominium ex jure quiritum, che fino ad allora ne erano rimasti immuni. Come sottolineano gli storici di diritto romano, tale estensione, abolendo qualsiasi differenza tra ager publicus, concesso in usufructus o usus in cambio di un corrispettivo, e ager privatus, oggetto del dominum quiritario, farà sorgere inevitabilmente un conflitto tra due opposte concezioni giuridiche: quella che vedeva nell'estensione dell'imposta fondiaria all'ager privatus la sua trasformazione in ager publicus e, quindi, la trasformazione del diritto quiritario di proprietà della terra in diritto di usufrutto o uso della medesima concesso dallo Stato ovvero, al contrario, quella che riteneva che la suddetta estensione trasformasse tutto l'ager publicus in ager privatus e i diritti di usufrutto e uso individuale in diritti di proprietà mentre l'imposta fondiaria da corrispettivo dovuto allo Stato per l'usufrutto o l'uso della terra di sua proprietà diventava un pagamento senza corrispettivo che traeva la sua legittimazione solamente da un atto d'autorità che lo stato impone coattivamente ai cittadini e quindi, sul piano giuridico civilistico, privo di qualsiasi giustificazione.

Nella dottrina romana del tardo impero prevalse, infine, la concezione privatistica della proprietà terriera unitamente a quella pubblicistica delle imposte fondiarie e detta concezione è anche quella che è prevalsa nella dottrina giuridica occidentale in età moderna.

Peraltro, le summenzionate divergenti concezioni della proprietà terriera e delle imposte fondiarie hanno alimentato un'accesa disputa tra fazioni opposte di giuristi che si è protratta per tutto il medioevo.

38) Nicholas Georgescu-Roegen, Energy and Economic Myths, in Southern Economic Journal, Vol. 41, 1975, n. 3, p. 354;

39) per una sintesi della “Teoria di Olduvai” si consulti il sito: http://www.oilcrash.com/italia.htm;



© Giorgio Libero Sanna, L'epifania del sacro, Albatros 2022