Di bombe e lucciole.
Una scrittura apotropaica per la fine del mondo
Valentina Bonifacio, Jasmine Pisapia

02.04.2023

Il testo che segue è la Prefazione di Valentina Bonifacio e Jasmine Pisapia al libro di Michael Taussig L'arte del non-dominio nell'era dello sfaldamento globale, edito da Meltemi.


Prefazione


Vorrei scrivere libri-bomba, libri che hanno un senso soltanto nel momento in cui sono scritti, o in cui vengono letti. E poi scompaiono… Dopo l’esplosione, la gente si ricorderebbe che i libri hanno provocato bellissimi fuochi d’artificio. Nei decenni successivi, gli storici ed altri studiosi si ricorderebbero che un certo libro è stato utile come bomba, e bello come i fuochi d’artificio.1

Michel Foucault citato in Foucault in California: A True Story--Wherein the Great French Philosopher Drops Acid in the Valley of Death


Questa citazione, che evoca l’immagine potente di un libro-bomba, è la trascrizione diretta di una conversazione che Michel Foucault ebbe con un gruppo di studenti in California nel 1978, durante uno dei suoi periodi come visiting professor. Per diverse ragioni, ci è sembrato che quest’immagine potesse servire da epigrafe all’edizione italiana del libro. Innanzitutto, questo libro-bomba, così come i fuochi d’artificio, ha il carattere spettacolare ed effimero di un flash. Ci rimanda all’immagine dialettica descritta da Walter Benjamin, che appare all’improvviso in un momento storico di pericolo, e che Taussig descrive in questo testo come “il riaffiorare di un sogno che il passato ha avuto del presente” (p. 168). Questo libro, che nell’edizione originale si intitola Mastery of Non Mastery, è infatti carico di immagini-flash che lampeggiano tra le pagine in modo intermittente, come le lucciole ormai in procinto di estinguersi evocate da Pier Paolo Pasolini, le quali simboleggiavano la fine di un mondo travolto da una società neocapitalista basata sui consumi.

Sia le lucciole di Pasolini che l’immagine dialettica di Benjamin sono presenze spesso evocate in questo libro. Entrambe queste immagini mostrano un’interruzione brusca nel flusso della storia, un momento di rottura che ci permette di vedere le cose, anche se fugacemente, da una prospettiva diversa. Ed entrambi questi movimenti, il flash e il lampeggiare intermittente, caratterizzano questo libro scritto tra il 2019 e il 2020 in piena pandemia da covid-19, nell’America di Donald Trump, e pensato per scuotere una scrittura accademica ossificata che non sembrava in grado di rispondere alla profonda crisi sanitaria e politica che stava attraversando il paese2. In un testo intitolato Would a shaman help?, scritto in piena pandemia nel marzo del 2020, Taussig scriveva che “lo sciamanesimo non può sostituire la scienza in quanto allo studio dei virus. Tuttavia, in quanto arte performativa in grado di accendere l’immaginazione, potrebbe ridurre il panico e rendere più sopportabile l’isolamento sociale, oltre che promuovere un senso di coesione”.

Pensato per accendere l’immaginazione, questo libro-bomba cerca di far esplodere la scrittura etnografica. In Parte libro e in parte performance, l’autore stesso lo presenta come un esperimento situato tra “science-fiction, i fenomeni atmosferici e la teoria accademica”. La sua traduzione, percepita come urgente da parte di chi l’ha portata a termine, è il frutto di una serie di incontri che Taussig ha avuto durante un periodo di visite in Italia tra il 2017 e il 2019, mentre (come Foucault in California) era visiting professor all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il caso vuole che, seguendo la logica a tratti enigmatica delle traduzioni, nel 2017 sia uscita la versione italiana di ben due libri dell’autore: il primo, pubblicato per la prima volta nel 1980, dal titolo Il diavolo e il feticismo della merce. Antropologia dell’alienazione nel “patto col diavolo” (2017), e il secondo, originalmente pubblicato in inglese nel 2012, intitolato La bellezza e la bestia. Il fascino perverso della chirurgia estetica (2017), con un’introduzione di Franco La Cecla.

Se menzioniamo la logica enigmatica della traduzione è per sottolineare che ancora manca in Italia la traduzione di due opere fondamentali dell’autore, Shamanism, Colonialism and the Wild Man (1986) e Mimesis and Alterity (1993), che riteniamo sarebbero necessarie per comprendere a fondo la natura innovativa del pensiero e della scrittura etnografica che hanno reso Taussig famoso in tutto il mondo. Molte delle immagini, delle espressioni e dei concetti che appaiono in questo libro – mimesi, sciamanesimo, magia, inconscio corporeo, sublime metamorfico – sono infatti parte di un repertorio finemente rielaborato dall’autore per decenni, in un itinere nomadico tra la sua casa di New York e la Colombia, a partire da un interesse originario per il cortocircuito creato dalla relazione tra violenza coloniale, magia, e sciamanesimo. Nello stesso modo, ritroviamo in questo libro i nomi degli scrittori che lo hanno da sempre ispirato, pochi di loro accademici e meno ancora antropologi, come i pensatori della scuola di Francoforte (Adorno e Benjamin in particolare), i Dadaisti (Hugo Ball), i surrealisti (George Bataille), il teatro di Brecht, o gli scrittori della beat generation (William Burroughs innanzitutto).

Seguendo questa logica di incontri e itineranza, possiamo dire che la traduzione di questo libro sia il risultato della presenza in Italia di Michael Taussig negli anni immediatamente precedenti alla pandemia da covid-19, e del suo dialogo con giovani artisti e ricercatori locali, tra cui i due coraggiosi traduttori di questo libro – Enrico Milazzo e Michele Bandiera – che hanno sentito l’urgenza di tradurre questo libro-bomba per scuotere forse in parte anche l’accademia italiana. In particolare, l’incontro tra l’autore e i traduttori è avvenuto nel contesto di una serie di dialoghi e collaborazioni con il Collettivo di ecologia politica Epidemia, a cui entrambi appartengono, fondato nel 2017 per riflettere sulle devastanti conseguenze ecologiche di due eventi che hanno profondamente segnato il sud d’Italia: l’epidemia di Xylella Fastidiosa in Puglia – che ha decimato la popolazione locale di olivi – e i più di 50 anni di attività dell’Ilva di Taranto, con la sua eredità di morti, malattie e inquinamento. Un dialogo che tuttora persiste, e all’interno del quale questa traduzione va collocata.

Nel 2018, in uno di questi incontri, intitolato “L’urlo dell’asino”, Taussig ha dialogato con i cittadini di Taranto nel parco archeologico della città, di fronte al centro sociale Archeotower, conosciuto per essere dal 2012 uno spazio di militanza fondamentale nel contesto delle lotte cittadine per la giustizia ambientale. L’evento, curato dal Collettivo Epidemia per la città di Taranto, venne pensato sia come performance artistica che come gesto politico, mettendo insieme la lettura di poesie, performance e videoproiezioni, sotto la guida dell’immagine potente dell’urlo dell’asino offerta da Taussig come figura di resistenza3. La lettura partiva proprio dall’imitazione da parte dell’autore di questo libro dell’urlo di un asino: un suono scioccante quanto ambiguo (grido d’angoscia o di rabbia e ribellione?) emesso da un animale la cui immagine è sempre stata paradossale: lavoratore indefesso e intelligente e al tempo stesso maltrattato e deriso. Quella sera, iniziando il suo intervento con questa evocazione sonora un po’ inquietante, Taussig ha condotto il suo gruppo di ascoltatori lungo il percorso surreale (eppure fin troppo veritiero) intrapreso dall’umanità nel suo rapporto con la natura.

In quell’intervento, per molti rivelatore (di quello stesso carattere rivelatorio evocato da un flash, dal tramonto o dalle lucciole), Taussig ha proposto al suo pubblico un metodo di lettura per cogliere la complessità del presente, in quella che lui chiama “era dello sfaldamento globale,” esortandolo ad aprire gli occhi su quel “mondo camaleontico di forme in mutamento” dove natura, economia e politica si intrecciano. Dove le cose si fanno improvvisamente più oscure e surreali, e solo apparentemente normalizzate da una razionalità ormai esaurita e delirante.

Uno dei principali esempi su cui si è soffermato quella sera è la palma da olio: una pianta che prolifera sul mercato sotto le forme più svariate, “dal carburante diesel allo smalto per le unghie”4. Pensare a queste metamorfosi significa lasciarsi trasportare da cambi repentini di immagine, dal biodiesel ai cadaveri trasportati via fiume che sono il risultato della violenza omicida dei paramilitari al soldo dei proprietari di piantagioni di palma da olio in Colombia. Ma significa anche soffermarsi sulla metamorfosi stessa delle palme da olio, una varietà in particolare denominata Hope of America, che non essendo più in grado di riprodursi da sola ha bisogno delle mani delicate di lavoratrici stagionali che danno luogo, manipolando il corpo della palma, a nuove sessualità botaniche artificiali: donne lavoratrici che iniettano il seme maschile nei fiori della palma femminile. Un quadro vertiginoso.

Che cosa hanno in comune l’urlo di un asino e l’olio di palma? Perché mettere insieme tali elementi? E che farne di queste interconnessioni, che Taussig chiama dispositivi mimetici? È possibile in antropologia rappresentare questi concatenamenti di distinti elementi (olio di palma + paramilitari + donne lavoratrici) o persino performarli attraverso un tipo di scrittura che adotti le stesse forme e movimenti di ciò che punta a descrivere? A partire da Shamanism, Colonialism and the Wild Man (1986), dove un capitolo del libro prende appunto questo nome (Montage), l’utilizzo del montaggio cinematografico diventa per l’autore uno degli elementi caratterizzanti la sua scrittura etnografica. Nel suo saggio Corpse Magic—il titolo di una conferenza che darà a Torino nel 2019— Taussig riflette esplicitamente sul montaggio come metodo di scrittura, ispirato come abbiamo detto alla pratica cinematografica, e pensato come un modo per evidenziare le qualità metamorfiche di cose diventate ormai familiari, tramite un importante processo critico di straniamento dello sguardo.

Il montaggio è un metodo basato sulla messa a confronto di elementi dissimili. Illumina ciascuna realtà alla luce della sua differenza e somiglianza con altro. Questo tipo di analisi (e di lettura) storico-sociale ci porta dunque verso la teoria del cinema e verso ciò che Walter Benjamin, nel suo saggio sul surrealismo del 1929, chiamava la “dimensione dell’immagine-corpo”. […] Parlo di lettura, ma voglio indicare piuttosto qualcosa di più vicino all’incontro tra corpo e corpo, tra immagine e immagine.

Nietzsche osserva che quando ci confrontiamo con l’estraneo tendiamo a ricondurlo all’interno di paradigmi abituali, rendendolo inoffensivo. Ancor peggio, fa notare, tale procedimento ci impedisce di notare la stranezza della presunta normalità in cui l’estraneo viene assorbito. Ed è proprio a questo punto che il montaggio entra in gioco, come processo di straniamento dalla normalità, gettando nuove basi per l’analisi. 5

Scrivere, disegnare o recitare testi davanti a un pubblico sono per Taussig tante modalità diverse di “leggere” il mondo—intendendo “lettura” appunto come un “incontro tra corpo e corpo, tra immagine e immagine”6. L’uso di queste diverse modalità sensoriali nel suo lavoro potrebbe essere inteso a nostro parere come una delle tante possibilità di messa in pratica della mastery of non-mastery. Questo stesso libro, infatti, è preceduto dalla realizzazione di due performance teatrali, il Sun Theater e il Sea Theater, realizzate tra il 2013 e il 2014 e presentate al Whitney Museum di New York, in cui prendono forma molte delle immagini e dei concatenamenti di immagini e parole che ritroviamo nel testo.

Nate da collaborazioni con artisti visivi e sonori, queste performance sono giochi incantatori che rielaborano la dimensione rituale intrecciando gli scritti allegorici di Taussig con immagini e suoni. Si affidano a una forma caleidoscopica di narrazione che trascina nella sua rete un’infinità di figure sia arcaiche che iper-moderne. Al centro delle opere ci sono immagini mutevoli e metamorfiche del mare e del sole, soggetti depositari di incontri mitici e spettacoli mercificati. Queste performance si pongono esplicitamente come risposte profonde e attive a quello che Taussig chiama lo sfaldamento globale (global meltdown). Quando gli viene chiesto, in un’intervista su queste performance, quali fossero le preoccupazioni teoriche che avevano alimentato la realizzazione del Sea Theater, Taussig risponde esattamente “l’arte del non-dominio” (mastery of non-mastery), dandone un’ennesima definizione idiosincratica:

È un elegante movimento estetico, è un ideale politico ed etico per cercare di […] cambiare la fine del mondo. Gran parte dell’energia della performance [The Sea Theater] deriva dalla nozione di fine del mondo, e quindi di nuove categorie della filosofia e del corpo. L’arte del non-dominio è una strategia in corso, e anche un trucco che l’accomuna a quello che io ho visto nello sciamanesimo e nei giochi di magia […]. È uno srotolamento del dominio della natura, che non può mai essere semplicemente invertito. È come un jujitsu in cui le forze del dominio devono esser trasformate attraverso un processo continuo. Questa è una delle principali angosce dell’opera. Per me, è un obiettivo politico.7

È quindi fondamentale pensare questo libro come una metamorfosi testuale di sperimentazioni performative esercitate per svariati anni. Affidandosi alla sensualità del linguaggio, il libro non si propone tuttavia di fornire una spiegazione teorica, razionalizzante o “accademica” delle performance che lo hanno ispirato – siano esse l’urlo dell’asino, il Sun Theatre o il Sea Theatre – ma piuttosto di trasformarle in linguaggio, parole e suoni in una metamorfosi alchemica.

La sensualità della parola, la sua materialità, ci vengono esplicitamente ricordate in riferimento ad uno degli esperimenti che hanno contribuito a dare al testo la sua forma attuale. Una serie di letture avvenute nel sud della California in quattro luoghi fisici diversi: la spiaggia, una scogliera, una foresta, una città. Nutrito dalle performance che lo hanno preceduto, questo libro è ricco in suoni, sensazioni e immagini, alcune delle quali riaffiorano ciclicamente libro dopo libro, in uno sforzo mimetico che le trasforma ogni volta attraverso il montaggio, associandole ad altri pensieri e ad altre immagini. Stiamo pensando ad esempio alle dita delicate delle lavoratrici che fecondano i germogli di palma africana, altrimenti sterili, o anche ai maestri folli coloniali di Les Maitres Fous di Jean Rouch, al sole, al tramonto, ai colori. O anche alla descrizione di un luogo di cura nella regione del Putumayo in Colombia, una descrizione che appare per la prima volta in Shamanism, Colonialism and the Wild Man, che ritroviamo trasformata nella seconda parte di Mimesis and Alterity, e che riportiamo in questa traduzione come esempio di una scrittura sensuale il cui ritmo è segnato da un susseguirsi di immagini al contempo familiari ed estranianti:

Mentre l’assistente [del medico] ci conduceva verso la stanza speciale utilizzata – così ci disse – per il trattamento, passammo accanto ad alcuni pazienti sdraiati sul pavimento. La stanza era distinta da qualunque altro luogo spirituale, sciamanico, o di cura avessi mai visto fino a quel momento, nel sud della Colombia. Ad occupare lo spazio vuoto, simile ad un laboratorio, non c’erano né santi, né bottiglie, né piante medicinali, né candele. Gli oggetti più straordinari, piuttosto, incollati alle pareti di fango della stanza, erano le fotografie. Si trattava di annunci ritagliati da riviste di stampo medico-scientifico, ed era il contesto a far emergere la loro stranezza. Dopo tutto, mi era già capitato di vedere quel tipo di immagini sulle riviste mediche mentre lavoravo in un “vero” ospedale anni prima. C’era l’immagine color carne della sezione trasversale di una donna incinta il cui feto, comodamente rannicchiato nell’utero, premeva sull’intreccio di legamenti e articolazioni delle vertebre. Era l’annuncio di una medicina a base di ferro da prendere durante la gravidanza. Accanto a quello, un altro ritaglio mostrava due reni rosacee spremute da guanti verde – limone da chirurgo. Gocce di urina dorata sgorgavano come lacrime da uretre recise. L’annuncio per un diuretico. Made in the USA. Come in una scultura modernista, un intreccio di tubi di plastica trasparente collegati a bottiglie e una lampadina blu, circondata da lampadine più chiare, completavano l’attrezzatura presente nella stanza. “Non la fissi troppo intensamente”, mi disse freddamente l’assistente mentre guardavo la lampadina blu come davanti a un altare, “potrebbe causarle un tumore”.8

Per chi ha letto Mimesis and Alterity, Mastery of Non Mastery non rappresenta tanto una continuazione o una rielaborazione delle riflessioni presenti nel libro che lo ha preceduto, quanto una sua messa in pratica, o potremmo dire una sua “messa in scena”. Rispetto a Mimesis and Alterity, questo testo si propone una funzione differente, quella di agire come un antidoto a quello che Taussig ha definito agribusiness writing, e che tradotto letteralmente in italiano sarebbe “la scrittura agroindustriale”, un’espressione bizzarra che ci riporta immediatamente alle piantagioni sudamericane studiate dall’autore in Colombia, sia quelle di canna da zucchero di Shamanism, Colonialism and the Wild Man, che quelle di palma da olio di Palma Africana. Imprese economiche storicamente segnate, entrambe, anche se se in periodi diversi, dallo sfruttamento intensivo del suolo e dei lavoratori, dall’espropriazione violenta di terra, dal controllo del territorio trasformato in militarizzazione e dalla logica del profitto ad ogni costo. Come anche The Nervous System e The Corn-Wolf, Mastery of Non-Mastery costituisce secondo l’autore un atto di magia apotropaica, volta a contrastare la volontà di dominazione sulla natura – la stessa che ci sta portando verso lo sfaldamento globale – che è anche il motore principale dietro la logica delle piantagioni capitaliste.

Ho sempre pensato che l’agribusiness writing fosse ciò che di più magico esista, e che quello di cui avremmo bisogno per contrastare il presunto realismo portato avanti dall’agribusiness sia la contro-magia di una scrittura apotropaica.parola che in greco antico significa l’uso della magia per proteggersi dalla magia.9

Secondo Taussig, la volontà di dominio sulla natura non può essere contrastata da una scrittura razionale – dal logos dei greci antichi – ma da una scrittura che sappia lasciar affiorare quello che lui definisce nel libro come bodily unconscious, che qui traduciamo con “inconscio corporeo”. Una scrittura magica, il cui effetto è quello di respingere la magia (nera) utilizzata dal capitalismo per imporre la sua volontà di dominio sul cosmo. Il capitalismo, così come l’estrattivismo e lo sfruttamento pianificato e intensivo delle “risorse naturali”, non vanno pensati semplicemente come processi guidati da una logica razionale di profitto, e contrastabili in quanto tali attraverso l’esercizio del logos, ma come progetti soggetti a dispositivi mimetici molto più difficilmente definibili.

Già in The Devil and Commodity Fetishism, il suo primo libro scritto per l’accademia (del suo primo vero libro, scritto nel 1975 con lo pseudonimo di Mateo Mina, non ci occuperemo in questa traduzione), Taussig concentra la sua attenzione sulla risposta “magica” alla logica di accumulazione di profitto del capitalismo che i lavoratori afro-colombiani delle piantagioni di canna da zucchero mettono in pratica condensando l’immaginario, i desideri e le passioni di questa logica del profitto nella figura del diavolo. In Mastery of Non-Mastery, lo stesso Trump, presidente degli Stati Uniti durante la stesura del libro, viene descritto come uno sciamano in grado di congiurare i poteri della mimesi e dell’imbroglio per imporre la sua volontà su umani e natura nell’arena politica. Se il capitalismo, dunque, è in grado di utilizzare le forze oscure e passionali della magia nera per imporre la sua dominazione sul mondo, il suo potere può essere contrastato solamente attraverso una forma di scrittura apotropaica, che sia in grado di congiurare le forze dell’inconscio corporeo per conferire alla nostra immaginazione l’arte del non-dominio, la padronanza della non-padronanza, dove il non-dominio ha a che fare con il nostro essere legati attraverso il corpo alle forze del cosmo, seppur in modo inconscio.

L’inconscio corporeo, nelle parole dell’autore, è al contempo individuale e cosmico, una connessione questa che si rivela con innegabile forza quando contempliamo un tramonto. Non si tratta tuttavia di un tramonto innocente, e Taussig ci invita nel libro a chiederci cosa significhi contemplare il tramonto nell’epoca dello sfaldamento globale. Il suo interesse per la facoltà mimetica, infatti, ha sempre comportato un’attenzione particolare per la sua dimensione storica, e l’intenzione è stata quella di scrivere una storia dei sensi e delle sensibilità. A questo proposito, viene in mente l’intuizione di Benjamin in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica:

Nel corso di lunghi periodi storici, insieme alle modalità di esistenza delle collettività umane, si modificano anche le modalità e le tipologie della loro percezione sensoriale. Il modo in cui si organizza la percezione sensoriale umana – il medium in cui essa ha luogo – non è condizionato soltanto in senso naturale, ma anche storico.10

Così, anche ciò che fa da sfondo a Mastery of Non-Mastery è storicamente situato. Per Taussig, l’era del cambiamento climatico ha modificato le nostre percezioni sensoriali: il nostro corpo e di conseguenza la nostra immaginazione percepiscono il calore ed altri fenomeni naturali con una sensibilità accentuata. Quello che l’autore definisce “eccesso mimetico” (che ritroviamo ad esempio in alcuni rituali, e che si riferisce ad un gesto mimetico che imita il suo doppio) sarebbe stato – contrariamente a quanto suggerirebbe un weberiano “disincanto del mondo” – amplificato dal global meltdown e dalle rispettive crisi ambientali. Il re-incanto della natura nell’era dello sfaldamento globale, quindi, è un re-incanto surreale e oscuro, e i tramonti contemporanei vanno vissuti nella loro bellezza ambigua e allucinante.

Grazie al concetto di inconscio corporeo, l’attenzione si sposta nel libro dalla distinzione tra natura e cultura a quella tra l’io e il mondo, dove l’io sta per cultura e la natura è il cosmo11. L’annullamento di questa distinzione, vissuta nella maggior parte dei casi in modo inconscio, è da ricercare secondo l’autore nell’utilizzo della facoltà mimetica, intesa come un’alternativa alla facoltà logico-razionale del logos. Mimesi, metamorfosi, e montaggio cinematografico – così come la pratica del disegnare – fanno parte di una stessa modalità conoscitiva volta a consentire all’inconscio corporeo di affiorare. Così come le incursioni dell’inconscio corporeo nella coscienza, secondo l’autore, sono furtive e sporadiche, anche questo libro non è che una traccia – una scia – lasciata dall’affiorare dell’inconscio corporeo nella coscienza.



1 “I would like to write book-bombs—that means books that are useful just at the moment in which they are written or read by people. Then they would disappear…After the explosion, people could be reminded that the books made a very beautiful fireworks display. In later years historians and others could recount that such and such a book was useful as a bomb and was beautiful as fireworks” In questa introduzione, la traduzione di tutte le citazioni di libri non disponibili in italiano è stata fornita dalle autrici.

2 Would a Shaman Help è tradotto in italiano sul sito del   Collettivo Epidemia   http://www.collettivoepidemia.org/it/2020/03/31/uno-sciamano-potrebbe-darci-una-mano-michael-taussig/

3 La lettura di Taussig è stata tradotta in italiano da János Chialá e Jasmine Pisapia per il secondo numero della rivista “Epidemia”. Si veda M. Taussig, L’urlo dell’asino. Devo capirlo anch’io. Una nota sulla dialettica dell’asino, in “Epidemia 02: L’urlo dell’asino di Michael Taussig e altre storie da Taranto”, ottobre 2019.

4 Taussig affronta la questione nel recente libro Palma Africana, The University of Chicago Press, Chicago/London 2018.

5 Citazione dal suo saggio ancora inedito, Corpse Magic (presentato a una conferenza all’Università di Torino il 22 Maggio 2019, con Roberto Beneduce, Simona Taliani e Jasmine Pisapia). Per un approfondimento dell’immagine-corpo nel pensiero di Taussig, bisogna tornare al lavoro di Walter Benjamin. Si veda per esempio il prezioso lavoro analitico di S. Weigl, Body-and Image-space: Re-reading Walter Benjamin, Routledge, London-New York 1996.

6 Sul disegno come metodo antropologico legato a un rapporto corporeo col mondo, si veda M. Taussig, I Swear I Saw This Drawings in Fieldwork Notebooks, Namely My Own, Chicago University Press, Chicago 2011.

7 J. Pisapia, Behind the Scenes of The Sea Theater: Conversations with Michael Taussig (Columbia University) and Hélène Baril (Visual Artist), in “Seachange: Arts, Communication, Technologies”, Montréal, ottobre 2015, p. 133.

8 M. Taussig, Mimesis and Alterity. A Particular History of the Senses, Routledge, New York-London 1993, pp. 246-247.

9 M. Taussig, The Corn-Wolf: Writing Apotropaic Texts, in “Critical Inquiry”, vol. 37, n. 1, 2010, pp. 32-33.

10 W. Benjamin, Opere complete. VII. Scritti 1938-1940, Einaudi, Torino 2006, p. 305.

11 Quest’attenzione alla relazione tra corpo e cosmo in un orizzonte apocalittico non può che ricordarci il lavoro di Ernesto De Martino sul rapporto tra corpo e mondo ne La fine del mondo; si veda in particolare il capitolo Mundus.


©  Michael Taussig L'arte del non-dominio nell'era dello sfaldamento globale , Meltemi 2023