Contro-nature
Matteo Bronzi, Caterina Ciarleglio

20.08.2022


Pubblichiamo l'Introduzione al volume Contronature. Teorie pratiche di  ecologia politica a cura di Matteo Bronzi e Caterina Ciarleglio edito da DeriveApprodi, con testi di  Marco Armiero, Michele Bandiera, Andrea Conte, Gianluca De Fazio, Alessio Giacometti, Federica Timeto, Miriam Tola, Andrea Zinzani. Postfazione di Maurizio Corrado


Contro l’immobilità della transizione

Transizione ecologica, «green new deal», neutralità climatica. Davanti alle nuove parole d’ordine in tema di «ambiente» delle agende politiche mondiali, emerge l’esigenza di smantellare il discorso pubblico che ne legittima l’impianto ideologico, per ri-politicizzare il sapere e creare pratiche di conflitto. L’approccio che risponde a tali esigenze prende il nome di «ecologia politica». Ma cosa si intende esattamente con «ecologia politica’? E in che modo possiamo servircene per orientare lo sguardo e aprire nuove prospettive? Contro-nature, una raccolta di saggi nata originariamente come corso di formazione negli spazi della Mediateca Gateway di Bologna, oggi Punto Input, è un parziale tentativo di dare risposta a questi quesiti. I contributi contenuti in questo volume hanno un doppio obiettivo: da un lato mirano a proporre una ricostruzione dell’evoluzione del concetto complesso, stratificato, mancante di una definizione univoca, di ecologia politica; dall’altro, proprio attraverso questa ricostruzione, essi intendono offrire uno spazio di riflessione in cui interrogarsi sugli strumenti e le prospettive di un movimento politico e sociale più attuale e necessario che mai. La mercificazione e la sussunzione delle lotte ambientali, operate attraverso la costituzione di discorsi e di pratiche volte a eludere il portato conflittuale di queste ultime, divengono dunque l’occasione per riflettere tanto sulle direttrici che hanno animato il dibattito teorico, quanto sui nuovi percorsi da intraprendere per dare forma a pratiche di scontro e resistenza.

A partire da tali considerazioni, Contro-nature raccoglie gli interventi di studiosi e studiose che, prendendo le mosse da campi del sapere storicamente considerati differenti, mostrano come l’ecologia politica possa configurarsi come approccio volto a mettere in discussione alcuni degli assunti fondamentali dell’apparato epistemologico occidentale. Tale messa in discussione risulta più che mai necessaria per decostruire le dicotomie su cui questo apparato si fonda, come ad esempio la divisione fra natura e cultura. Il titolo della collettanea mira a mettere in luce questo aspetto essenziale della riflessione ecologico-politica, presente sin dagli esordi di quella che, più che una disciplina, deve essere definita come approccio o come campo di attrazione del sapere.

Natura? nature!

La scelta di utilizzare nature, nella sua forma plurale, assume un significato fortemente politico. Essa esprime la volontà, insita già nel dibattito ecologico politico, di restituire la molteplicità e la complessità di significati che compongono questo termine, spesso frutto di concettualizzazioni tra di loro contraddittorie e conflittuali. Il termine «natura», inteso nell’accezione che sentiamo spesso utilizzare all’interno dei dibattiti pubblici o nel linguaggio dei media, proprio perché oggetto di una costante appropriazione e sussunzione da parte del sistema neoliberale, è incapace di descrivere esperienze soggettive e collettive di resistenza. Dalla narrazione mainstream risultano escluse la complessità di relazioni, le reti di organismi organici e inorganici che generano ecosistemi, le interazioni e i legami costanti fra umano e non-umano. Il concetto di natura, dunque, non è mai neutrale. L’ecologia politica stessa nasce storicamente in contrapposizione a un’ecologia che potremmo definire «apolitica» (Benjaminsen, 2009; Bini e Bandiera, 2020) legata quasi esclusivamente alla descrizione e all’analisi dei processi chimico-biologici.

L’ecologia, senza una prospettiva politica, marginalizza il problema delle interazioni tra esseri umani ed ecosistemi e limita la portata degli effetti che i processi produttivi e di estrazione esercitano su questi ultimi. Una natura depoliticizzata ricade più facilmente nei processi di strumentalizzazione. Da un lato, infatti, attraverso un costante richiamo al tema della purezza, la natura è stata ridotta a fattore astratto, riadattabile alle nuove frontiere del capitalismo green e utile al fine di perpetuare disuguaglianze sociali e ambientali. Dall’altro lato, il continuo riferimento concettuale a un universo idilliaco, associato alla narrazione della natura come luogo incontaminato da proteggere e conservare intatto, chiama alla difesa di aree verdi da salvaguardare secondo modalità strettamente determinate dalle logiche dell’accumulazione.

In risposta a queste tendenze si è progressivamente affermato, nella letteratura e nel contesto dei saperi critici, un movimento alternativo, volto a mettere in luce la necessità di de-naturalizzare il discorso (Castree, 2005) per disvelare un sistema sotteso di rapporti di potere, costruito su accezioni specifiche dei termini «natura» e «naturale». Uscire da de- terminate dinamiche di potere significa riacquisire un’autonomia discorsiva, raggiungibile solo attraverso un costante lavoro di decostruzione e risignificazione di parole, simboli e segni.

Al fine di contribuire alla creazione di una delle possibili narrazioni alternative, Contro-nature raccoglie un insieme di testi uniti dal comune obiettivo di disgregare parte dei netti confini che impongono strette dicotomie tra naturale e sociale. In questo senso, l’utilizzo del termine nature ha il ruolo di lasciare spazio alla molteplicità di immaginari in evoluzione. Partendo da questa prospettiva, Contro-nature suona per noi come il lavoro incessante e rivoluzionario che l’ecologia politica conduce nei confronti di teorie e pratiche, sovvertendo quotidianamente l’immaginario verso la costruzione di modi nuovi e alternativi di guardare al mondo.

Confondere, scombussolare, sovvertire: il compito dell’ecologia politica

Il secondo aspetto nodale messo in luce dai contributi, e ancora di più dal rapporto dialogante che tra di essi si instaura, è il tema dell’esplosione del concetto di disciplinarietà. Benché l’impostazione del testo sembri suggerire una compartimentazione tra campi e approcci ben definiti del sapere, come la geografia, la filosofia, l’urbanistica, il femminismo, gli animal studies, etc, il continuo gioco di rimandi, richiami e sovrapposizioni dimostra che, nel confronto con le tematiche proprie dell’ecologia politica, il sistema delle discipline si sfalda, viene a mancare. L’ecologia politica, in questo senso, può generare grandi frustrazioni: proprio per la sua capacità di inglobare ogni ramo e branca del sapere, si configura come approccio in continua espansione. Eppure, pur mancando di una definizione univoca, esso sopravvive, mantenendo una propria coerenza e funzionalità.

Può essere utile allora, per costruire un’immagine chiara di che cosa sia l’ecologia politica e di quali siano le sue caratteristiche, richiamare alla mente la figura del Trickster evocata da Paul Robbins (2015). Il Trickster, ovvero il truffatore, l’imbroglione, è una figura folkloristica assimilabile a quella del Jolly, ma rappresentata indifferentemente come un uomo, una donna o un animale antropomorfo. È un essere malizioso, sovversivo, che agisce in modi contraddittori, come un clown sbruffone, un giullare, occasionalmente un ladro. Il suo compito può essere quello di sminuire la figura dell’eroe altezzoso, ma anche di proteggere i deboli e fare regali all’umanità, agendo rigorosamente nell’indifferenza totale delle regole. La sua peculiarità è quella di ribaltare i ruoli, assumere e adottare arbitrariamente le forme e i posizionamenti degli altri personaggi, anche se solo temporaneamente, al fine di rovesciare lo status quo e battere in astuzia chiunque intorno a sé. È inoltre una figura prettamente relazionale: ogni sua azione è in effetti determinata e attivata dall’agire di chi lo circonda.

Allo stesso modo, anche l’ecologia politica si costituisce come sapere di natura relazionale, dal momento che i confronti con le discipline tradizionali non sono meramente contingenti, ma necessari e fondamentali alla sua esistenza. Essa ha inoltre valenza mimetica, poiché tende a riprodurre le forme e i linguaggi delle discipline con le quali si relaziona e risulta altamente contagiosa, perché capace di contaminare con i propri concetti critici le tassonomie e le nomenclature, incoraggiando forme di gioioso disordine negli altri campi del sapere e assolvendo così la funzione necessaria, di harawayana memoria, di troublemaker. Soprattutto, l’ecologia politica è contraddittoria e assolutamente non univoca, dal momento che non può che relazionarsi con la complessità del reale, raccogliendo da essa incoerenze, contrasti e opposizioni. Eppure, sostiene Robbins, essa persiste come campo di indagine proprio grazie a queste sue peculiarità ed emerge dalle instabilità delle discipline, per svilupparsi dalle contraddizioni e dalle debolezze su cui riposano i saperi costituiti. Qualcun altro avrebbe detto che l’ecologia politica, dunque, «abita il margine» (hooks, 1984).

Difatti, malgrado l’iniziale spinta di matrice marxista (Schmidt, 1971; Gòrz, 1977; Smith, 1984; O’Connor, 1988; Zinzani, 2019), non si può non menzionare il confronto e la contaminazione con il pensiero femminista (Sultana, 2020) e decoloniale (Bryant, 1998; Loftus, 2017; Schulz, 2017) che impone una riflessione interna e chiama a una ristrutturazione del pensiero di studiose e studiosi che si avvalgono dell’approccio ecologico politico, per strapparlo al rischio di riposare su una concezione puramente eurocentrica del mondo. Questo aspetto particolare della critica all’ecologia di ispirazione anglosassone viene raccolto anche dal movimento di ri-significazione di matrice italiana (Benegiamo et al., 2020).

Esso propone una lettura che inserisce l’ecologia politica italiana nell’onda lunga delle lotte del movimento operaio come lotte contro la nocività dei luoghi di lavoro, capaci di porre il problema della compatibilità tra ambiente e capitale. Tale interpretazione riposa su alcuni assunti fondamentali, tra cui è bene annoverare la rottura con il precedente movimento ambientalista italiano, la centralità del tema della riproduzione e la necessità di insistere sulla dimensione sociale e conflittuale del più recente ciclo di lotte, rappresentato da movimenti come Fridays for Future ed Extintion Rebellion.

L’ecologia politica nel contesto italiano e Contro- nature

Bisogna ricordare che il contesto italiano ha alle spalle una lunga storia di lotte ambientali. Diverse sono le soggettività che hanno animato il dibattito ecologico fin dalla sua nascita e la base comune di queste lotte può essere ritrovata nell’area politica della sinistra radicale. Una costellazione di esperienze collettive ha dato vita alla costruzione di un sapere ecologico critico, tra cui è bene annoverare l’esperienza della rivista Rossovivo fondata da Dario Paccino, giornalista e attivista, che negli anni Settanta conduce un fondamentale lavoro di decostruzione delle narrazioni dominanti. Tra queste soggettività vi sono anche personalità appartenenti all’area della sinistra istituzionale come Laura Conti, la quale con il testo Che cos’è l’ecologia. Capitale, lavoro e ambiente (1977) apre un dibattito radicale sulle istanze ecologiche all’interno del PCI, in aperta conflittualità con la linea di partito. È altrettanto importante ricordare inoltre il lavoro di Giorgio Nebbia, scienziato e attivista, che ebbe un ruolo fondamentale nelle battaglie contro il nucleare in Italia.

Come anticipato, da un punto di vista non solo accademico, l’introduzione dell’ecologia politica nel contesto italiano è avvenuta in tempi più recenti e ha segnato, per molti versi, un cambio di passo importante rispetto alle precedenti esperienze «ambientaliste». Molti contributi giungono dal mondo della sociologia (Pellizzoni, 2011; Avallone, 2015; Leonardi, 2017; Dal Gobbo et al., 2020; Benegiamo, 2021), della storia ambientale (Armiero e Barca, 2004), della geografia (Faggi e Turco, 2001; Torre, 2018; Zinzani, 2019; Zinzani e Magnani, 2022). Non mancano inoltre interventi provenienti dal contesto dell’antropologia e della filosofia (Villani e Fadini, 2021; e al.). L’esperienza di Ecologie Politiche del Presente ha rappresentato un ulteriore passo in avanti in questo percorso, contribuendo alla creazione di un laboratorio di studi permanente sulle tematiche proprie dell’ecologia politica.

I contributi che compongono Contro-nature richiamano parte di queste storie, si relazionano con il passato e con il presente di queste rivendicazioni e offrono spunti di riflessione critica che ambiscono a diventare strumenti operativi. Il testo si apre dunque con un saggio di Gianluca De Fazio volto a illustrare i nessi tra filosofia ed ecologia politica per introdurre la nozione di «ecosofia», termine attraverso il quale l’autore intende indicare la pratica contro-egemonica di mappature delle relazioni tra individui e ambienti. Il secondo intervento, firmato da Marco Armiero, riprende la questione dell’esplosione delle discipline e confronta l’approccio critico dell’ecologia politica con quello offerto dalle Environmental humanities (per un approfondimento delle quali rimandiamo a un altro volume di questa collana [Armiero et al., 2022]). Il terzo contributo è offerto dalla prospettiva ecofemminista di Miriam Tola, in cui l’autrice riflette sul rapporto tra natura, normatività, razza e genere in chiave ecologica, interrogando la storia del concetto di natura e le sue derivazioni. A questa riflessione segue quella di Federica Timeto, la quale fornisce un punto di vista fondamentale per inquadrare il ruolo degli animal studies nel dibattito appena ripercorso, interrogando autori con Agamben e Derrida. L’intervento di Andrea Zinzani ha l’obiettivo di inquadrare il campo dell’ecologia politica nella sua declinazione urbana, con un focus sulla concettualizzazione delle socio-nature e sui conflitti ambientali sorti da aree soggette a processi di rinaturalizzazione.

Un’ulteriore lettura viene presentata da Michele Bandiera che, partendo dal concetto di piantagione e dalle sue implicazioni politiche, cerca di trovare soluzioni alternative nelle pratiche dell’agroecologia, al fine di smontare il dispositivo della monocultura. Alessio Giacometti nel suo contributo analizza il difficile ruolo del giornalismo ambientale nel narrare la crisi ecologica e climatica, con le sue criticità e le sue contraddizioni. Nel tentativo di ripercorrere le diverse correnti del pensiero ecologico, ci viene mostrato come anche il modo in cui scegliamo di raccontare i conflitti ambientali e le lotte ecologiche faccia parte di uno stesso processo politico. A concludere il testo, l’intervento di Andrea Conte ricostruisce le relazioni fra ecologia e arte, mostrando come quest’ultima possa essere uno strumento narrativo fondamentale per raccontare il presente e immaginare futuri alternativi.



©Matteo Bronzi e Caterina Ciarleglio (a cura di), Contronature. Teoria e pratiche di ecologia politica, DeriveApprodi 2022