Capitalismo in quarantena
Anselm Jappe, Gabriel Zacarias, Clément Homs, Sandrine Aumercier
12.11.2021
Pubblichiamo l'introduzione al volume Capitalismo in quarantena uscito per le edizioni Ombrecorte.

Introduzione

Crisi del coronavirus ed esaurimento strutturale
del capitalismo


I sacerdoti del sangue azteco erano abbastanza innocui, addirittura umanisti se paragonati ai burocrati sacrificali del feticcio capitale mondiale arrivato al suo limite interno storico.

Robert Kurz, Geld ohne Wert


Il futuro è incerto e la fine è sempre vicina.

The Doors, Roadhouse Blues


È stato spaventoso. Ogni sera leggevamo il numero dei morti come si legge un bollettino di guerra. Temevamo per la salute dei nostri cari e in particolare dei più deboli. Eravamo agli arresti domiciliari, incatenati al nostro posto di lavoro con un nodo allo stomaco, aggrappati alle notizie. Non sapevamo quanto sarebbe durata questa situazione. A poco a poco caddero tutte le speranze che il virus fosse circoscritto a un paese, a una regione del mondo. Si è diffuso ovunque.

Ma era anche bello. Quasi non più auto né rumore. I cantieri bloccati. Le piste trasformate in depositi per aerei abbandonati. Il campionato di calcio sospeso. Nei canali di Venezia, l’acqua era ritornata limpida, così come nel Golfo di Napoli. I cervi vagavano per le città italiane e i canguri per le città australiane. In India, per la prima volta da decenni, l’Himalaya poteva essere visto da centinaia di chilometri di distanza.

Cose molto bizzarre sono successe anche nell’arena politica ed economica: il governo tedesco ha improvvisamente accettato di abbandonare il “patto di stabilità” europeo e di consentire a tutti i membri dell’Unione europea di contrarre tutti i debiti che volevano pur di salvare l’economia – una cosa del genere era precedentemente considerata come un’assoluta eresia da Merkel e da Schäuble.

Trump ha improvvisamente accettato di continuare a pagare coloro che hanno perso il lavoro o si sono ammalati, e di finanziare l’assistenza sanitaria gratuita – misure che, fino al giorno prima, avrebbe condannato come “socialismo” antiamericano. Boris Johnson ha scoperto che “questa crisi ha dimostrato che la società esiste”, contraddicendo così la sua maestra di pensiero, Margaret Thatcher, per la quale, come sappiamo, “la società non esiste!”. Il “Financial Times” ha affermato che i ricchi dovranno pagare di più per la ricostruzione1.

In diversi paesi europei si è parlato di distribuire denaro a ciascuno “dall’elicottero” per incoraggiare i consumi, o di introdurre il reddito di base. Macron affermava: “Molte certezze e convinzioni verranno spazzate via, saranno messe in discussione. Molte cose che pensiamo impossibili accadono”.

Tante cose che si dicevano assolutamente impossibili, e soprattutto incompatibili con le ferree leggi dell’economia mondiale che non tollera la minima deviazione, erano diventate improvvisamente possibili. Prima della crisi del virus, il governo francese non poteva nemmeno decidere di vietare l’irrorazione di pesticidi a cinque metri dalle abitazioni, per non offendere alcuni produttori – e all’improvviso è riuscito a fermare quasi l’intera economia! Cosa resta di questo periodo fuori del comune?

Con la pandemia di Covid-19 è comparso un fattore di crisi inaspettato – l’essenziale però, non è il virus, ma la società che ne è stata colpita. Che si tratti dell’inadeguatezza delle strutture sanitarie colpite dai tagli di bilancio o del possibile ruolo della deforestazione e dell’agricoltura industrializzata nella formazione di nuovi virus di origine animale, che si tratti dell’incredibile darwinismo sociale che propone (e non solo nei paesi anglosassoni) di sacrificare gli “inutili” all’economia o della tentazione per gli Stati di dispiegare i loro arsenali di sorveglianza: il virus getta una luce impietosa sugli angoli oscuri della società.

La pandemia di Covid-19 è l’acceleratore ma non la causa della situazione di crisi globale della società capitalista mondiale. Questo nuova ondata di crisi planetaria legata alla pandemia non appare nel cielo sereno di un capitalismo in buona salute. Dobbiamo dunque cercare di comprendere il legame tra la situazione attuale e quell’esaurimento strutturale del capitalismo che è stato messo in luce dalla teoria della critica del valore, un esaurimento che è iniziato negli anni Sessanta.

L’insieme del processo di crisi fondamentale, che investe anche la forma-soggetto moderna e le sue ideologie di esclusione (razzismo, antisemitismo, antiziganismo, populismo produttivo neonazionalista, socialdarwinismo ecc.), deve essere il punto di partenza dell’analisi e delle riflessioni sulla crisi del coronavirus e dei relativi interventi statali.

Occorre anche cogliere l’accresciuto ruolo degli Stati per comprendere il rapporto polare Stato-Economia, e mostrare il legame tra la crisi della valorizzazione e la crescente impossibilità per molti Stati di assumere il loro ruolo di amministratori del disastro se la crisi dovesse perdurare. Dobbiamo anche mostrare come la crisi del Covid-19 accelererà un processo di paradossale affermazione del “primato della politica”.

Da un lato, gli Stati si stanno affermando come amministratori del disastro e “salvatori di ultima istanza” del capitalismo (attraverso le politiche di bilancio degli Stati e le politiche monetarie delle Banche centrali); dall’altro, la crisi della valorizzazione distrugge le fondamenta e la legittimità delle istituzioni politiche e produce lo svuotamento della politica minando le basi della capacità di intervento degli Stati. In tutto il mondo, le condizioni di vita di chi si guadagna da vivere con il lavoro e di chi non può più guadagnarsi da vivere con esso, saranno colpite in maniera catastrofica.


1 Il “Financial Times” ha tracciato immediatamente un parallelo con l’economia di guerra: “Alcune riforme radicali – che rovesciano le politiche predominanti degli ultimi quattro decenni – dovranno essere affrontate. I governi dovranno accettare un ruolo più attivo nell’economia. Devono considerare i servizi pubblici come investimenti piuttosto che come ‘passivi’, e cercare dei mezzi per rendere i mercati del lavoro meno precari. La ridistribuzione sarà di nuovo all’ordine del giorno, e i privilegi degli anziani e dei ricchi saranno messi in discussione. Misure considerate come eccentriche fino a poco tempo fa, come il reddito di base e la tassazione delle ricchezze, devono far parte del pacchetto. Per sostenere l’economia e il reddito durante il confinamento, i governi stanno prendendo delle decisioni che infrangono i tabù e sono giustamente paragonate al tipo di economia di guerra che i paesi occidentali non hanno più conosciuto da settant’anni. L’analogia va ancora oltre” (The Editorial Board, Virus lays bare frailty of the social contract, in “Financial Times”, 3 aprile 2020).



©Anselm Jappe, Gabriel Zacarias, Clément Homs, Sandrine Aumercier, Capitalismo in quarantena, Ombrecorte 2021