1.La storia torna come spazio e geografia, come nuovo tempo dei paesi ex-coloniali
Manlio Iofrida

15.09.2024

Premessa

Vorrei tornare sul tema della storia su cui con vari interventi mi sono soffermato ripetutamente su “Tropico del Cancro” - così come molti altri - negli ultimi anni. L’esigenza che sento di ritornarvi è data dal fatto che, dopo il Covid, si sono verificate delle grosse trasformazioni del panorama politico internazionale e anche della situazione complessiva, un cambiamento di atmosfera, ideologica o “spirituale” che dir si voglia. In primo luogo, sono scoppiate due guerre che rischiano ogni giorno di diventare mondiali; in secondo luogo, c’è stato il notevole rafforzamento, a livello internazionale, di un’ondata di movimenti di destra radicale in varie parti del pianeta, movimenti che si ispirano o sdoganano in modo inquietante aspetti non secondari del fascismo o del nazismo, come vediamo verificarsi ad esempio, anche recentissimamente, in Germania, ma anche come era stato il caso di Bolsonaro in Brasile, o come è quello di Geert Wilders in Olanda. Un terzo aspetto, più superficiale, è stato l’apparente declino della tematica ecologica, in precedenza punto centrale del dibattito politico internazionale, che ora appare oscurata e posta in sottordine dagli eventi precedenti (ma è appunto un’apparenza: uno scopo di questo mio intervento è mostrare che essa rimane il nocciolo più fondamentale del nostro presente).

In che senso la riattualizzazione e la riformulazione del concetto di storia può servire a orientarci anche in questa più recente situazione?


1.La storia torna come spazio e geografia, come nuovo tempo dei paesi ex-coloniali

Banalmente, il fatto che sulla scena della politica internazionale, al posto della potenza unica americana sotto il cappello ideologico della “fine della storia”, ora si ripresenti una pluralità di potenze che contendono l’egemonia agli Usa, pur sempre largamente prevalenti, è un fatto importante, ma non è certo del ritorno della storia in questi termini semplicemente westphaliani (un fatto peraltro indiscutibile) quello di cui ho inteso e intendo parlare; a mio parere il punto essenziale della situazione storica che stiamo vivendo è dato dal fatto che essa delinea un ritorno della Terra e di un senso dello spazio del tutto diverso da quello apertosi con la Rivoluzione Francese e con la Rivoluzione Industriale nel XVIII secolo. Questa nuova dimensione dello spazio e della terra, che segna la crisi della globalizzazione, aperta appunto due secoli fa da quei due grandi eventi, riporta in primo piano anche un nuovo concetto di tempo e dunque di storia – un tempo del tutto diverso da quello del progresso unilineare, tipico dell’Occidente e destinato a concludersi con la fine della storia.

Qui bisogna ricordare preliminarmente che il sorgere del concetto di storia, proprio nel passaggio cruciale fra 700 e 800, è stato essenzialmente connesso all’idea del formarsi di una nuova comunità, quella del “genere umano”; su questo punto, perfino Herder, che per tanti aspetti aveva superato gli aspetti più astratti della concezione illuministica della storia, rimane comunque ancora impigliato nel modello progressista, linearista e omogeneizzante che è a tutt’oggi dominante. Il nuovo concetto di storia che vediamo oggi risorgere guarda invece a un modello di comunità non gerarchizzante, non omogeneizzante, legata al tema della differenza e che va oltre i confini dell’umanità: per anticipare quel che svolgerò più sotto, si tratta di una comunità della Terra.

Per chiarire queste affermazioni, per ora troppo astratte e generiche, credo che sia essenziale innanzitutto fare una diagnosi della nostra situazione presente di guerra e di caos con uno sguardo lungo: il caos che stiamo vivendo rappresenta l’espressione della crisi radicale del dominio occidentale sul mondo – il fatto che la maggior parte del mondo non occidentale sia schierato più o meno scopertamente dalla parte della Russia e della Cina e della loro aggressione all’Ucraina ne è la prova fattuale più incontestabile. Lasciamo da parte per un momento i giudizi politici, etici, “cosmopolitici” su tale aggressione: il fatto da registrare, al di là dei giudizi, è che stiamo vivendo l’onda lunga della crisi del colonialismo, che è cominciata negli anni ’60; ed è questo evento gigantesco che produce l’apparire di un nuovo spazio, di un nuovo tempo, di una nuova storia.

In particolare, una storia così caratterizzata contraddice il concetto che di essa foggiò l’Occidente per vari aspetti fondamentali: 1) essa è non lineare, geologica, archeologica, invece che progressiva, sradicante nei confronti del passato e sbilanciata verso il futuro.; 2) postula la coesistenza di valori plurali, differenti fino al punto di poter essere conflittuali - essi non sono destinati a una sintesi razionale definitiva, totalizzante e pacificante; 3) tale storia è caratterizzata altrettanto dalla freccia (il prodursi del nuovo rimane una sua dimensione fondamentale) che dalla ripetizione, dal circolo e dal ricorso; 4) in essa la storia della Terra , invece di essere “superata” hegelianamente dal momento spirituale e culturale, mantiene la sua autonomia – e dunque il problema ecologico e ambientale fa parte del nucleo profondo di questo concetto di storia.