Etiche del sé. Foucault e i Greci
Stefano Berni

24.10.2021

Introduzione


Il pensiero di Michel Foucault ha appassionato e continua ad appassionare, anche in ambito accademico, sempre più schiere di intellettuali e giovani studiosi. Ormai le sue analisi storico-critiche sono sempre più apprezzate; in particolare la sua teoria del potere si è affermata come prevalente e non si più pensare ad una concezione soltanto statalistica del potere.

Il potere è semmai una forma di relazione sociale che attraversa gli individui e che solo in parte deriva dalla sovranità. In particolare in Sorvegliare e punire Foucault puntualizzava chiaramente, anche se in chiave storica, il superamento ad un tempo storico e teoretico di un potere incentrato sullo Stato, minandone le fondamenta giuridiche e politiche.

La ricerca storico-archeologica di Foucault è convincente nella misura in cui permette di vedere i saperi storici, giuridici, scientifici da un lato come contingenti, parziali, in fieri, dall’altro lato come funzionali, nel tentativo di legittimare il potere.

 L’individuo non è altro che un precipitato storico di eventi, un nodo di relazioni attraversato da forze contrastanti. La tesi marxiana dei dispositivi di condizionamento sociale e culturale si collega in Foucault con l’idea freudiana di un soggetto represso o eterodiretto dal super-io.

Per questo, come ho cercato di mostrare altrove, Foucault è più vicino alla scuola di Francoforte di quanto lui stesso pensi. Se si esclude La volontà di sapere, rispetto a questo quadro storico-critico del potere, gli altri due volumi sulla Storia della sessualità apparvero, nel momento della loro pubblicazione, poco più che dei lavori di un erudito alla ricerca di temi lontani temporalmente e quindi poco convincenti.

Perché, si chiedevano molti interpreti, andare a scomodare i Greci e le loro tecniche del sé e non affrontare invece decisamente e criticamente le tecnologie cristiane, quelle che hanno rappresentato i dispositivi di potere della modernità?

In fondo lo stesso Nietzsche, così amato da Foucault, si era allontanato dal pensiero dei Greci per confrontarsi più direttamente, soprattutto nel suo periodo illuminista, con il potere pastorale cristiano.

Solo leggendo le sue ultime lezioni al Collège de France sul pensiero ellenistico, pubblicate solo di recente, è stato possibile comprendere a cosa mirasse la ricerca di Foucault. Ponendosi al di fuori e al di là della pastorale cristiana, tentava l’impresa di reinventare una soggettività più ‘autentica’ di cui ci si potesse riappropriare anche oggi nel presente.

Compito difficile, ambizioso quello di fondare o rifondare una nuova etica alla cui base ci debba essere una nuova forma di libertà, un diverso rapporto con il corpo, con i piaceri. Invece di metabolizzare, rielaborare, trasformare, digerire ciò che per secoli abbiamo dovuto sopportare, Foucault propone uno scarto, una differenza, un salto, un capitombolo, un rovesciamento.

Ce lo saremmo dovuti aspettare da Foucault; è il suo modo di agire: per salti, discontinuità, faglie, rovesciamenti, spostamenti. Anziché usare la psicologia, ‒ in fondo la psicologia non è che un’invenzione cristiana ‒ l’atteggiamento del filosofo francese è politico, è azione, è “iperattivismo”.

Foucault è l’alter ego di Nietzsche: se il tedesco aveva usato il metodo del cammello, in cui vi è molto da ruminare e ragionare per digerire la pietra del cristianesimo, Foucault salta direttamente al metodo leonino: taglia i rami del passato recente e si appiglia ad un ramo più stabile. I Greci rappresentano dunque virtualmente l’origine dell’Occidente ma anche il ritorno all’innocenza del ‘fanciullo’. Il lontano diventa il prossimo.

Tornare ai Greci è aver compiuto l’eterno ritorno. Riprendiamo la storia da dove l’avevamo iniziata. Oggi, il nichilismo si sta compiendo: in Occidente sempre meno persone entrano nelle chiese e “la maggior parte di noi non crede più che l’etica possa essere fondata sulla religione”1.

Tale spostamento consente di oltrepassare immediatamente il binomio sapere-potere tipico dell’Occidente, risparmiandoci il problema di decostruire la nostra attuale identità, la quale non ci permette liberamente di pensare altrimenti.

Tale nuova forma di soggettivazione, tuttavia, pone una questione complessa, ovvero, se sia possibile utilizzare, almeno come aspirazione, un ‘modello’, per così dire, nuovo, senza averlo potuto ancora indossare.

Certamente, alcuni di noi sarebbero pronti ad accogliere una nuova etica, una nuova forma di vita, vicina più ad un’est-etica, ad una etica del sé, che niente ha a che fare con la morale precettistica del dovere e della costrizione cristiana. L’etica del sé foucaultiana mira al rafforzamento di una vita sana e felice, immanente, scevra da ogni dogmatismo, pronta ad autocorreggersi per migliorarsi e vivere meglio, attenta alla cura del corpo e al rapporto con gli altri.

L’individuo diventa veramente libero se è padrone di sé stesso, se impara a governare sé stesso, a riconoscere le sue forze, le sue attitudini e poi a rilasciarle e a esplicarle nel momento opportuno, a lavorare su sé stesso come se fosse lui stesso un’opera d’arte. Governare sé stessi è una “regola facoltativa”, “un principio regolatore”2, un effetto di forze tra uomini liberi: non è una regola obbligatoria, precettistica.

Foucault, occupandosi di sapere e poi di potere, non aveva lasciato molto spazio alla soggettivazione, ma solo ad un soggetto assoggettato. Ora, invece, si domanda se possa esserci un soggetto capace di darsi delle regole non completamente indotte dalla società.

Questa domanda di libertà, e non solo di liberazione, rimanda per certi aspetti anche a Kant e non è un caso che nel momento in cui si occupa dei Greci, Foucault torni ad occuparsi del Kant illuminista. L’etica, diversamente dalla morale, risiede proprio nel rapporto con il sé3.

Solo nel momento in cui si è obbligati a fare qualcosa per qualcun altro, allora al posto dell’etica subentra la religione, la morale, la legge. Infatti, la libertà per Kant è dare la legge a sé stessi, ma è la legge di tutti, universale perché razionale. In Foucault invece la libertà è soggettiva ma non universale proprio perché dipende dal piacere, dalla passione e dall’esperienza. Allora più Nietzsche che Kant.

Se nei Greci “il dominio di sé stessi era direttamente riferito ad una relazione asimmetrica con gli altri”, in seguito si diventa “padroni di sé stessi perché razionali”4. Tutta la storia del cristianesimo è la storia della rinuncia e del sacrificio del sé. La razionalità consiste in questo: obbedisci alla legge morale e ordina (nel doppio senso di obbedire e mettere in ordine) te stesso.

È quello che Foucault ha definito potere pastorale che a) assicura la salvezza individuale b) richiede di sacrificare sé stessi per la salvezza degli altri c) si preoccupa di ogni individuo d) esplora le loro anime fino a conoscerne la sua intimità e dirigerla5. Di questo tipo di potere Foucault temeva maggiormente il potere non solo repressivo ma soprattutto produttivo, quello che produce soggetti, comportamenti, modi di pensare. A tutto questo Foucault si vuole ribellare.

Il ritorno ai Greci consiste in ciò: “promuovere nuove forme di soggettività attraverso il rifiuto di quel tipo di individualità che ci è stato imposto per così tanti secoli”6. Questa ricerca di libertà non è assimilabile alla concezione cristiana del libero arbitrio, né alla idea liberale secondo la quale si è proprietari di sé sulla base di un’ideologia consumistica e produttiva.

Per libertà Foucault intende la capacità di lavorare sul proprio corpo, sui piaceri che vanno plasmati e governati per vivere bene con il proprio sé e con gli altri. È quella che Nietzsche avrebbe chiamato la ricerca della salute. L’obbedire solo a sé stessi, alle proprie forze.

Deleuze7 la definisce col termine piega, la possibilità appunto di piegare le forze interne in un diagramma che consenta una vita più piacevole, più equilibrata, che sorge dalla lotta con sé stessi, in un rapporto agonistico con sé stessi. La cura di sé si rapporta con la capacità di vivere in armonia anche con gli altri, ed è quello che Foucault chiama amicizia. Lui non ha potuto occuparsi in modo approfondito dell’amicizia ma ne era certamente interessato perché è un modo piacevole di vivere, che deriva dal pensiero greco.

L’amicizia per i Greci significa confrontarsi sulla base di un reciproco rapporto di stima e uguaglianza (isonomia) che ha a che fare con la vita politica. Esclude interessi privati o strumentali, e invece si basa su un piacere disinteressato: quello di stare e discutere insieme.

Dunque, per i Greci si è liberi e si può essere amici solo se si è capaci di governare sé stessi: “La sōphrosunē, lo stato cui si tende con l’esercizio della padronanza e la moderazione della pratica dei piaceri, è caratterizzata come una libertà”8.

Solo se si è capaci di governare sé stessi si può incontrare l’altro. Dopo un lungo lavoro di molti anni di decostruzione e di resistenza rispetto a ciò che ci viene imposto, Foucault ci ha così insegnato a superare anche quello scetticismo relativistico cui sembrava orientato e che conduceva inevitabilmente verso una forma di passività e di pessimismo, per tornare finalmente ad agire, a scendere dalla montagna del disimpegno e dall’allontanamento dagli uomini e dire positivamente e pienamente di sì alla vita.


1 M. Foucault, Sulla genealogia dell’etica, in H. L. Dreyfus e P. Rabinow, La ricerca di Michel Foucault. Analitica della verità e storia del presente, Ponte alle Grazie, Firenze 1989, p. 259.
2 G. Deleuze, La soggettivazione. Corso su Michel Foucault (1985-1986)/3, ombre corte, Verona 2020, p. 96-97.
3 M. Foucault, Sulla genealogia dell’etica, cit., 266. Sulla distinzione tra etica, intesa come pratica di sé, esistenza di sé o arte di sé, e morale, intesa come dovere imposto, si rimanda a M. Foucault, L’uso dei piaceri, Feltrinelli, Milano 1984, pp. 30-37.
4 Ivi, p. 270.
5 M. Foucault, La questione del soggetto, in “aut aut”, n. 205, 1985, p. 6.
6 Ivi, p.10.
7 G. Deleuze, Foucault, Feltrinelli, Milano 1987.
8 M. Foucault, L’uso dei piaceri, cit., p. 83.

© Stefano Berni, Etiche del sé. Foucault e i Greci, Le Càriti Editore 2021